Il ministro della giustizia Carlo Nordio è sempre più un problema per il governo. Parte all’attacco della magistratura milanese per coprire le sue responsabilità nel caso dell’evasione di Artem Alexsandrovich Uss, l’uomo di affari russo figlio di un sodale di Putin, e lo fa con tale malagrazia da suscitare una mezza rivolta delle toghe, dell’opposizione e anche dell’avvocatura. Tanto da costringere Giorgia Meloni ad anticipare un incontro in agenda per i prossimi giorni per dargli la sua copertura politica. Ma non basta, in serata «fonti di via Arenula» assicurano che «non era intenzione del ministro entrare nel merito delle decisioni della magistratura». Ma ha fatto proprio questo. E oggi dovrà spiegarlo al parlamento.

L’ATTO DI PROMOVIMENTO dell’azione disciplinare con cui Nordio prova a scaricare sui magistrati milanesi la responsabilità di una fuga che imbarazza assai il governo con l’alleato americano è un elenco in sette punti che dovrebbe dimostrare l’«errore macroscopico» o la «grave e inescusabile negligenza» del collegio di Corte di appello di Milano – le giudici Fagnoni e Curami e il giudice Caramellino – che ha concesso gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico a Uss.

Poi fuggito dalla cascina di Basiglio dove era tenuto d’occhio dai carabinieri di paese il 22 marzo scorso, il giorno dopo che ancora la Corte di appello (ma un diverso collegio) aveva concesso l’estradizione negli Usa. Quella di Nordio è una clamorosa messa in discussione dell’autonomia di giudizio dei magistrati. In maniera del tutto inedita il ministro non contesta macroscopiche violazioni di legge o lo stravolgimento dei fatti, ma la valutazione che i consiglieri dell’appello hanno dato degli argomenti portati dalla difesa di Uss e dalla procura generale, contraria ai domiciliari.

Come se Nordio – «con il ministeriale senno del poi», come nota Nello Rossi – fosse titolare di un ulteriore grado di giudizio nel merito, diverso dal ricorso in Cassazione che peraltro la procura generale non ha ritenuto di presentare, ritenendo evidentemente motivata la concessione dei domiciliari.

TRA I PUNTI DI ACCUSA di Nordio, oltre a un po’ vaghe considerazioni sulla personalità di Uss – «godeva di appoggi internazionali», «disponeva di rilevanti consistenze economiche» – il fatto che il 19 ottobre 2022, due giorni dopo che il cittadino russo era stato fermato alla Malpensa mentre era in partenza per Istanbul, su mandato della giustizia americana per la quale era colpevole di truffa e riciclaggio, il ministero avesse chiesto ai giudici di confermare la custodia in carcere ai fini dell’estradizione.

Ma quello che Nordio non scrive è che in effetti Uss restò in carcere un altro mese e mezzo, fino a che il 2 dicembre non gli furono concessi i domiciliari. E non dice neanche che quando l’ambasciata americana protestò con il ministero, proprio gli uffici di Nordio risposero spiegando che l’applicazione ai domiciliari con il braccialetto elettronico poteva considerarsi equivalente alla detenzione in carcere. Né il governo pensò a una qualsiasi misura di sicurezza, per esempio a mettere sotto stretta sorveglianza Uss e i telefoni che continuava a usare. Riferendo al Copasir, il ministero dell’interno giorni fa se l’è cavata con un’alzata di spalle: nessuno ci ha chiesto niente.

LA MOSSA DI NORDIO – che, come nota l’ex consigliere del Csm di Area Giuseppe Zaccaro «in un colpo solo abdica al principio di separazione dei poteri e a quello del carcere come extrema ratio» – offre un alibi all’inerzia del governo, ma difficilmente produrrà effetti concreti. Tocca adesso al procuratore generale della Cassazione istruire l’azione disciplinare e poi, se non dovesse optare per il non luogo a procedere (ma il ministro potrebbe opporsi), rivolgersi alla sezione disciplinare del Csm.

Che non potrà che sbarrare la strada all’ingerenza ministeriale nelle competenze dei magistrati. Tre magistrati, peraltro, di diversa appartenenza correntizia e riconosciuto scrupolo. Il ministro Nordio intanto finisce in un mare di critiche.
IL PRESIDENTE dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, prima di volare a Milano per un’assemblea di toghe, deve ricordare che «il principio della separazione dei poteri implica che né il ministro né il Csm possano sindacare l’attività di interpretazione delle norme di diritto e la valutazione del fatto e delle prove. È un argine posto a tutela della autonomia e della indipendenza della giurisdizione».

L’assemblea di Milano diventa anche questa un problema per il ministro. Perché vi partecipano anche la pg di Milano Nanni (l’ufficio che il ministro ha provato a schierare dalla sua parte), il presidente della Corte d’appello Ondei, il procuratore della Repubblica Viola, il presidente facente funzioni del tribunale Roia e il consigliere del Csm Fontana.
DALL’ASSEMBLEA le toghe escono dicendosi «pronte a ogni azione» contro il ministro che «mina l’indipendenza». «Usare la leva del disciplinare per operare pericolosi condizionamenti dei giudici è un’aggressione alle libertà costituzionali», dice Magistratura democratica. Protesta anche la Camera penale di Milano, per gli avvocati è «un forte elemento di intimidazione» il fatto che Nordio sia entrato nel merito del provvedimento. Dalla maggioranza nessuno, salvo Gasparri che però è un fan delle azioni disciplinari, se la sente di difendere il ministro. «È uno scaricabarile, alla faccia del garantismo», dicono i senatori della commissione giustizia del Pd. Chiedono a Nordio di riferire in parlamento. Lo farà, oggi alle 14:00 alla camera.