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Il Brasile schiera l’esercito sul fronte della Rocinha

Il Brasile schiera l’esercito sul fronte della RocinhaAncora spari ieri alla Rocinha, Rio de Janeiro, mentre squadre speciali e forze armate prendevano il controllo della favela – Ap

Rio de Janeiro Dopo le 12 ore di guerriglia tra narcos, accolti gli appelli alla mano dura della destra. La caccia sanguinosa a «Rogerio 157». Polemiche virali sulla polizia «pacificadora» che non interviene

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 23 settembre 2017

La Rocinha, la più grande favela del Brasile e probabilmente il più grande agglomerato urbano di edifici di fortuna dell’intero continente latinoamericano, da ieri è stata messa sotto controllo militare a tempo indeterminato per ordine di Roberto Sá, segretario della sicurezza pubblica di Rio de Janeiro. 10 mila uomini saranno impiegati anche nelle altre comunità di Rio. I tremila morti di quest’anno sono un numero destinato a salire.

È LA RISPOSTA a quanto accaduto domenica 17 settembre, quando alle 6 di mattina alla Rocinha è cominciato un inferno che ha portato alla morte di quattro persone e al ferimento di una dozzina.

Tutto comincia con tre auto che entrano nella favela, da una ne escono quattro uomini armati e costringono l’ignaro conducente di un’altra vettura in transito a scendere e a consegnare l’auto. Con lui ci sono pure i figli e la moglie, che escono rapidamente, minacciati da fucili e pistole. La scena è ripresa da una signora che assiste sotto shock a quanto accade sotto la sua finestra. Le auto salgono a tutta velocità la ripida strada che porta in cima alla favela, passando di fronte a due auto della policia pacificadora, che non fanno una piega.

LA ROCINHA È «PACIFICATA» dal 2011, quindi la gente è abituata alla presenza delle auto bianche con la banda azzurra della policia pacificadora (Unità di polizia pacificatrice, Upp), una forza nata con lo specifico obiettivo di garantire sicurezza alla comunità. Vedere quindi gli agenti non fare nulla per fermare quegli uomini armati ha fatto e fa discutere. Anche per i video trasmessi da tutti i più importanti notiziari nazionali che mostrano come sono andate le cose.

QUELLA DI DOMENICA a Rocinha è stata una vera e propria caccia all’uomo. Si cercano Rogerio 157 e i suoi fedelissimi. Rogerio Avelino da Silva, questo il suo vero nome, ha ereditato il comando dal suo predecessore, Antonio Francisco Bonfim Lopes. Una figura quasi mitica nell’immaginario dei giovani aspiranti narcos carioca. Rogerio 157, il suo nome di battaglia, ha cambiato però alleanze e non ha fatto i conti con un capo che, se pur dietro le sbarre, comanda. Rogerio ordina l’uccisione di diverse persone legate al gruppo gruppo degli amigos dos amigos, legato a Bonfim. Così all’alba di domenica inizia la caccia.

SI È SPARATO PER 12 ORE. Centinaia e di centinaia di colpi. La gente chiusa in casa, molti filmano con gli smartphone.

La Rocinha ospita più di 200mila persone e si arrampica su un alto promontorio e si estende notevolmente in ampiezza. Gli edifici più in basso arrivano letteralmente a sfiorare São Conrado, uno dei quartieri più esclusivi della città, con omonima spiaggia. Due mondi lontani, che neanche Mondiali e Giochi olimpici sono riusciti ad avvicinare.

 

Una veduta della Rocinha, la più grande favela di Rio, con l’esclusivo quartiere di São Conrado sulla spiaggia giù in fondo

 

A Rocinha è stata promessa una rete fognaria che non si è mai vista. Da lunedì sono state chiuse tutte le scuole del quartiere, e anche i corsi per seimila minori ospitati in luoghi di fortuna non essendoci abbastanza edifici scolastici. L’elettricità in tutta la favela non è mai davvero arrivata e spesso viene a mancare anche dove c’è. Le piogge allagano facilmente i piccoli vicoli che caratterizzano la favela. Tutti problemi che a São Conrado non conoscono. Ma il riecheggiare dei proiettili, domenica, non possono non averlo sentito.

MOLTI SI CHIEDONO come mai la polizia non sia intervenuta. «Di solito il Bope (polizia militare creata per compiere azioni armate nelle favelas, ndr) non si fa scrupoli a entrare nelle comunità. E le auto della Upp perché non hanno provato a ostacolare gli assalitori?», si è chiesto Atila Roque di Amnesty International. I media non hanno potuto trasmettere alcune immagini perché troppo cruente. Tra quelle andate in onda molte erano girate dagli abitanti e pongono il dubbio sulla presenza anche di un terzo gruppo armato organizzato.

QUELLI DELLA «MILIZIA», un gruppo paramilitare composto per lo più da ex militari, secondo molti testimoni sono accorsi in soccorso di Rogerio 157. La polizia ha diffuso invece un audio in cui si sente voce di Rogerio al telefono comunicare che «Antonio Francisco Bonfim Lopes non è più il nostro capo, ci ha fatto sparare e costretti a rispondere al fuoco tra la nostra gente». Le autorità precisano anche che l’uomo parlava a giovani narcos rifugiatisi nelle foresta, presumibilmente a Vidigal o nell’Arpoador.

 

rocinha

 

 

LA GUERRA PER IL CONTROLLO dei territori e delle favelas si sta spostando da Est sempre più vicino alla zona sud, quella delle grandi spiagge e dei turisti. Se i grandi eventi sportivi hanno in qualche modo celato ciò che stava covando, una volta smantellati i Giochi a Rio sono stati mesi difficili. Il municipio in default, che aveva già dichiarato fallimento un anno prima dell’inaugurazione delle Olimpiadi, ha provocato tagli drastici alla spesa pubblica.

Ci sono dipendenti degli uffici pubblici, docenti universitari, medici ospedalieri, autisti di bus e tante altre categorie che non ricevono lo stipendio da mesi. E se durante i grandi eventi sportivi la città era militarizzata, dopo i Giochi non si è visto più nessuno. Assalti ai bus o ai supermercati sono tornati all’ordine del giorno. Anche nei quartieri benestanti. Così il proliferare degli appelli da destra che soffiano sul fuoco invocando la dura repressione dello Stato hanno portato al risultato auspicato. L’esercito è nelle strade.

L’INCERTEZZA POLITICA, i continui scandali e le presidenziali ancora lontane rendono tutto più difficile. Il Paese da una parte tende l’orecchio ai magistrati dell’inchiesta Lava Jato, dall’altra guarda preoccupato a chi, in nome della sicurezza, vuole riportare il Paese indietro di 40 anni. Lula con una condanna a 9 anni sulla testa è in tour per una campagna elettorale che sarà lunghissima. Temer, nell’occhio di un ciclone giudiziario, continua a sedere sulla poltrona di presidente. A pagare, come sempre, o’ povo brasileiro, il popolo.

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