Il Brasile insiste: per l’Ucraina negoziati di pace, non vendetta
Latinoamerica multipolare L’irritazione di Usa e Ue non ferma il «club» di Lula. E il presidente colombiano Petro porta a Biden un piano per togliere le sanzioni al Venezuela
Latinoamerica multipolare L’irritazione di Usa e Ue non ferma il «club» di Lula. E il presidente colombiano Petro porta a Biden un piano per togliere le sanzioni al Venezuela
Se l’obiettivo è quello di costruire un mondo multipolare, ma senza inimicarsi gli Stati uniti, per i governi progressisti latinoamericani il compito si rivela denso di insidie. Quanto su questo terreno si cammini sulle uova lo indica bene l’irritazione della Casa bianca nei confronti di Lula, colpevole di aver accusato Usa ed Europa di prolungare la guerra in Ucraina inviando armi a Kiev senza preoccuparsi di «parlare di pace».
MARTEDÌ, TUTTAVIA, Lula ha usato toni più distensivi e, in occasione di un pranzo con il presidente rumeno Klaus Iohannis, ha espresso con decisione la sua condanna della violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, per poi tornare a ribadire la sua proposta per porre fine al conflitto: la creazione di una commissione negoziatrice composta da governi neutrali popolarmente nota come “club della pace”. Sarà questo, del resto, uno dei punti che affronterà durante la sua visita in Europa: prima tappa in Portogallo, dove arriverà stamattina, e poi in Spagna.
E SEMPRE DI QUESTO hanno discusso martedì il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il consigliere speciale di Lula Celso Amorim, in un colloquio centrato ufficialmente su «vari negoziati bilaterali e globali», ma il cui scopo era di sicuro quello di superare le tensioni tra i due governi.
Lo scontro, infatti, era stato piuttosto duro. Dopo le dichiarazioni di Lula sulle responsabilità di Stati uniti e Unione europea e la visita in Brasile del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, la Casa Bianca, attraverso il portavoce per la sicurezza nazionale John Kirby, aveva infatti accusato il governo brasiliano di «riprodurre la propaganda russa senza guardare i fatti». Mentre Kiev aveva invitato Lula a visitare l’Ucraina, per constatare con i suoi occhi l’esistenza di «una vittima» e di «un aggressore», e così rendersi conto come i due non possano essere trattati allo stesso modo. Ed era intervenuto anche il portavoce della politica estera della Ue Peter Stano, evidenziando come tutti gli aiuti inviati dall’Europa siano mirati alla «legittima difesa» del paese aggredito.
Accuse, quelle rivolte al governo brasiliano, che Amorim, già ministro degli Esteri di Lula, aveva definito «assurde», ribadendo la posizione già espressa tante volte dal presidente: che, cioè, il Brasile non condivide affatto l’invasione dell’Ucraina ma che, invece di sostenere la politica di sanzioni alla Russia e i tentativi per sconfiggerla, preferisce perseguire negoziati di pace.
«COS’È CHE SI VUOLE? Una vendetta? Dare una lezione?», ha dichiarato Amorim, ricordando come «l’ultima volta che si è cercato di farlo», dopo la sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, «è finita come è finita».
Insomma, «finché non ci saranno negoziati, la pace ideale per gli ucraini e per i russi non si realizzerà: devono esserci delle concessioni». Ossia, la restituzione da parte della Russia del territorio invaso lo scorso anno in cambio del sacrificio della Crimea, che, tuttavia, l’Ucraina non vuole fare né gli Stati Uniti sembrano disposti a consentire.
MALGRADO LO SCAMBIO di accuse, tuttavia, nessuno è interessato a uno strappo: «Siamo fiduciosi nella solidità del rapporto tra Usa e Brasile, pur non concordando con alcune delle dichiarazioni del presidente Lula», ha dichiarato la portavoce della Casa bianca Karine Jean-Pierre.
E intanto Biden torna a ricevere (nel momento in cui scriviamo l’incontro non è ancora iniziato) un presidente latinoamericano, il progressista Gustavo Petro, il quale discuterà con lui di lotta alla droga, di migrazione, di protezione dell’Amazzonia, ma anche del suo piano di pace per il Venezuela. Con un obiettivo preciso: la revoca delle sanzioni a Caracas, mentre si avvicina la conferenza internazionale organizzata il 25 aprile dal governo colombiano proprio per sbloccare i colloqui tra Maduro e opposizione venezuelana in corso a Città del Messico.
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