Il Biafra non esiste più. Dopo la terribile guerra civile che sconvolse questa fetta di Nigeria dal maggio del 1967 al gennaio 1970, il governo centrale lo ha diviso in ben 10 diversi stati federali, parcellizzando il più possibile un pericoloso focolaio mai veramente risolto.

QUESTA REGIONE STORICA è popolata a maggioranza dall’etnia Igbo, un importante gruppo africano di religione cristiana che secondo il grande scrittore Chinua Achebe si è sempre mostrato molto aperto verso l’Occidente, mentre i popoli nigeriani delle regioni centrali e settentrionali, di religione prevalentemente musulmana, sono storicamente più tradizionalisti e diffidenti, anche con i loro vicini meridionali.

La difficile convivenza portò a sanguinosi scontri all’indomani dell’indipendenza dalla Gran Bretagna e a due colpi di stato. Il secondo golpe portò al potere il generale Yakubu Gowon, un figlio del nord, che i leader Igbo videro come la concretizzazione della fine di ogni aspirazione indipendentista. Fu un susseguirsi rapido di eventi che portarono il colonnello Odumegwu Ojukwu, governatore militare della regione del Biafra, a dichiarare la secessione dallo stato centrale.

In questa parte della Nigeria si ripropose una curiosa divisione di appoggi delle potenze occidentali: dalla parte nigeriana si schierarono sia gli Stati uniti che l’Unione sovietica e anche la vecchia madrepatria Gran Bretagna, mentre a prendere le parti biafrane furono il Sudafrica dell’apartheid con i regimi fascisti di Spagna e Portogallo. E Israele, che ancora oggi cerca di cavalcare le istanze secessioniste degli Igbo.

LE RAGIONI ECONOMICHE naturalmente valsero quanto e più di quelle patriottiche, perché il governo centrale non intendeva perdere i territori del Biafra, ricchi di petrolio. Cominciò quindi una guerra totale che dopo alcune alterne vicende vide l’esercito nigeriano travolgere il piccolo esercito secessionista. Il Biafra ricorse anche ai mercenari, veterani di tante guerre sporche in Africa, come il tedesco Rolf Steiner, l’inglese Tally Williams e lo svedese Gustav von Rosen che sarebbe caduto in Ogaden dieci anni più tardi. Ma la Nigeria bloccò porti e spazio aereo del Biafra, strangolando la popolazione locale che fu la vera vittima di un’immane tragedia. Il mondo occidentale si accorse, forse per la prima volta, di quanto accadeva in Africa. C’erano voluti quasi un milione di morti, soprattutto per fame e malattie. Un dramma che porterà tra l’altro alla nascita di Medici Senza Frontiere.

DOPO LA GUERRA IL POPOLO IGBO fu emarginato ancora di più e la diaspora è andata aumentando. Da anni è tornato a denunciare l’isolamento a cui è sottoposto dal governo centrale. E in questo scenario complesso si inserisce il movimento Ipob (Indigenous People of Biafra) fondato nel 2014 da Nnamdi Okwu Kanu, personaggio controverso che fino ad allora non era mai salito agli onori della cronaca.

Kanu, che possiede la cittadinanza britannica, è partito creando una radio da cui ha cominciato a inneggiare a una nuova secessione del Biafra. Fino al 2015 il governo nigeriano lo ha tendenzialmente ignorato, ma quando Kanu ha iniziato a parlare di usare le armi per ottenere l’indipendenza, lo ha arrestato non appena ha rimesso piede in Nigeria. Le accuse nei suoi confronti parlano di terrorismo, intimidazione criminale e appartenenza a una organizzazione illegale. L’arresto ha indubbiamente cementato il popolo Igbo e ha innalzato alle stelle la popolarità di Kanu, facendone una specie di eroe nella regione del Delta.

DOPO QUASI DUE ANNI di lentezze e rinvii, Kanu è stato rilasciato su cauzione, pagata fra l’altro dalla comunità ebraica nigeriana come riporta la Bbc, un altro inequivocabile segno di legame fra Israele e il Biafra. Nnamdi Kanu si affretta a definirsi un Igbo-giudeo prendendo a prestito la vecchia storia della settima tribù di Israele che la leggenda vorrebbe sperduta proprio in Africa. E torna nella sua casa in Nigeria, dove deve restare secondo la corte federale. Dopo meno di un anno scompare per riapparire sulle frequenze della sua Radio Biafra. La sua voce arriva da Israele, dove lui stesso racconta di essere arrivato grazie all’aiuto del Mossad. Siamo così arrivati alla fine del 2018, ma Nnamdi Kanu vuole tornare in Africa e cavalcare la sua crescente popolarità, mentre il governo nigeriano stringe ancora di più la morsa sul popolo Igbo.

Dopo essersi spostato varie volte, alla fine del giugno scorso Nnamdi Kanu viene “prelevato” in Kenya da un commando di forze speciali nigeriane con il benestare dell’Interpol, in esecuzione di un mandato d’arresto, senza che le autorità locali facciano nulla per impedire quello che sembra una palese violazione della sovranità nazionale. E viene così ricondotto in Nigeria.

Ifeanyi Ejiofor è un importante avvocato nigeriano che non è mai stato tenero nei confronti della giustizia nigeriana. In più è uno dei consiglieri di Kanu. «Avevo già definito frivole e inventate – dice – le accuse rivolte al mio assistito nel 2015, una vera cortina fumogena per tenerlo in prigione. Oggi le cose non sono cambiate: è una volontà politica quella che impedisce a Nnamdi Kanu di essere libero per il suo popolo».

PAROLE ANCORA PIÙ NETTE arrivano dal rappresentante dell’Ipob negli Stati uniti, Ugochukwu Onyejika. «Il mondo deve ricordarsi che ai danni del popolo del Biafra si è consumato un vero e proprio genocidio, secondo solo all’Olocausto, con cinque milioni di persone uccise. Il nostro leader non ha commesso nessun crimine , ma non vogliono che sia libero di parlare. Quando sono andati a prenderlo a casa volevano ucciderlo, fortuna che aveva già lasciato il Paese».

Onyejika attacca a testa bassa il governo nigeriano. «È in atto una chiara strategia di sottomissione del Biafra: qui non viene costruito nulla, non si investe, non si creano posti di potere. Interessa soltanto l’estrazione petrolifera che sta distruggendo l’ambiente». Secondo il rappresentante dell’organizzazione negli Usa «le grandi compagnie petrolifere sostengono il governo di Muhammadu Buhari e cercano di screditare Kanu, una persona speciale interessata solo al bene dei biafrani».

L’IPOB NON CERCA LO SCONTRO, conclude Onyejika, «ma siamo pronti a lottare per noi stessi. E ci tengo a dire che la Nigeria come stato non esiste, è un’invenzione dei britannici e quindi noi non siamo nigeriani».