I vertici della Repubblica islamica sperano di spaccare il fronte della protesta aumentando del 10 percento i salari e le pensioni dei dipendenti della pubblica amministrazione e delle forze armate.

Ad approvare la misura è stato il Parlamento. Nonostante le minacce della magistratura e del governo di punire con severità i «rivoltosi», le proteste continuano.

SECONDO RAPPORTI non confermati ufficialmente, circa 190 persone, tra cui 28 minori, sono morte dall’inizio delle proteste, soprattutto nella provincia del Sistan e Balucistan. Centinaia i feriti ma, per timore di essere fermati, non tutti si sono recati in ospedale.

Molti dimostranti sono stati arrestate nelle università, nei bazar e nelle strade di varie città. Le prigioni si sono riempite a tal punto che alcuni degli arrestati sono stati trasferiti in carceri di altre città.

Nelle ultime settimane le proteste si sono estese anche nelle aree povere di Teheran e hanno coinvolto gli operai del settore petrolifero.

Gli studenti continuano a boicottare le lezioni e a manifestare negli atenei Amirkabir, Allameh, Al-Zahra, Art, Modarres, Tarbiat-Moallem e Beheshti della capitale Teheran ma anche nel Gilan, a Shiraz e a Isfahan.

Oltre ai manifestanti che osano scendere in strada, sono in molti a esprimere dissenso gridando slogan dalle finestre delle loro abitazioni e suonando a ripetizione il clacson delle automobili.

I pericoli sono però tanti: i video condivisi in rete riprendono le forze dell’ordine che camminano tra le vetture ferme in coda o in lento movimento, mentre usano i manganelli per spaccarne i vetri. I dimostranti hanno comunque lanciato un nuovo appello per manifestare anche domani.

PER QUANTO RIGUARDA il velo, a protestare sono sia alcune donne che si tolgono il foulard a cui appiccano il fuoco, sia molte altre con il chador dalla testa ai piedi che si sono unite alle dimostrazioni di domenica sera a Teheran, Karaj, Kermanshah, Mashhad, Rasht, Isfahan, Torbat-Heidariyeh, Kashan, Kazeroun, Saghez, Boukan e Sanandaj.

Ed è proprio in quest’ultima località, capoluogo della provincia iraniana del Kurdistan (ovest) di cui era originaria Mahsa Amini, che desta preoccupazione l’atterraggio di un aereo militare per dare rinforzi alle forze armate già presenti in loco. In arrivo anche bus di soldati.

LO STESSO COPIONE si sta riproponendo nel Sistan e Balucistan (sud-est). Si tratta di province di frontiera, caratterizzate dalla presenza di minoranze al tempo stesso etniche (curde e baluci) e religiose (sunnite). In entrambi i casi, il ministro degli Interni Ahmad Vahidi ha ribadito che si tratterebbe di «rivolte sostenute, pianificate e messe in atto da gruppi terroristi separatisti».

Come sta reagendo la stampa iraniana di fronte alle proteste e alla repressione? Alcuni quotidiani riformisti, tra cui Shargh, Etemaad e Jahan-Sanat, invitano le autorità ad ascoltare la voce dei manifestanti, correggere gli errori del passato e porre fine alla repressione di manifestanti e studenti che hanno protestato non solo per la morte di Mahsa Amini ma anche contro la classe dirigente.

Per il quotidiano riformista Jahan-Sanat «le giovani generazioni hanno ragione perché non riescono a vedere alcuna prospettiva per il loro futuro». Per questo motivo «serve un grande intervento politico, economico e sociale, basato sulle esigenze del momento attuale, per alleviare l’ira della nazione, che non può trasformarsi facilmente in calma».

Di opinione diametralmente opposta la stampa filogovernativa e quindi integralista. E infatti un quotidiano vicino ai pasdaran scrive: «Cosa significa? Come possiamo ascoltare i manifestanti mentre dicono che i religiosi devono lasciare il governo? Non vogliono la Repubblica islamica».

NEL FRATTEMPO, l’ex parlamentare e attivista per i diritti delle donne Faezeh Hashemi Rafsanjani è stata accusata di «collusione, disturbo della quiete pubblica e propaganda contro la Repubblica islamica». Figlia dell’ex presidente Ali Akbar Rafsanjani, Faezeh era stata arrestata a Teheran il 27 settembre per aver incitato a manifestare.

Resta in carcere anche la travel blogger romana Alessia Piperno. Con lei ci sono pure cinque cittadini francesi. Ieri sera un altro straniero è stato arrestato nella città sud-orientale di Kerman con l’accusa di «spionaggio per i servizi di intelligence del regime sionista». Alla luce di questi eventi, la Farnesina ha alzato il grado di rischio Paese e invitato i cittadini italiani a evitare di recarsi in Iran.