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I turbamenti di Podemos, la rottura con Sumar è dietro l’angolo

I turbamenti di Podemos, la rottura con Sumar è dietro l’angoloLa leader di Podemos Ione Belarra, durante la cerimonia di chiusura della campagna di Sumar nel luglio scorso – Ansa

Spagna Malumori nei confronti della gestione Díaz, sullo sfondo la ripartizione delle risorse del gruppo tra i partiti. I viola appoggiano il governo, ma probabilmente ne rimarranno fuori

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 17 novembre 2023

La presidente del parlamento Francina Armengol ieri pomeriggio si è recata dal re per comunicargli l’elezione di Pedro Sánchez presidente del governo. Sarà un governo di coalizione progressista a condurre le sorti del paese nei prossimi quattro anni, in un patto tra il Psoe e Sumar, la coalizione guidata da Yolanda Díaz, vicepresidente nella scorsa legislatura.

Ora l’attenzione si sposta tutta su come sarà il nuovo governo Sánchez, quali ministeri e quali persone a occuparli. E per quanto riguarda Sumar, come verranno rappresentati nel nuovo esecutivo i diversi partiti che lo compongono. Perché i malumori degli ultimi mesi di Podemos nei confronti della gestione Díaz, rischiano di precipitare in un conflitto senza riparo se la formazione viola rimarrà, come sembra, fuori dal governo. Situazione che potrebbe complicare una legislatura già sufficientemente tortuosa.

È stato il fondatore Pablo Iglesias, nel primo giorno del dibattito parlamentare, a esplicitare il grado di malessere del suo partito, dando per scontata la rottura di Podemos con Sumar. Una conclusione che darebbe a Podemos una forza contrattuale analoga a quella dei partiti nazionalisti e indipendentisti catalani e baschi. E che si misurerebbe già alle prossime elezioni europee, concorrendo con la propria sigla. L’ipotesi di lavoro, per quanto riguarda la legislatura, sarebbe quella di rafforzare il legame con i partiti indipendentisti di sinistra, Esquerra, Bildu e Bloque Galego.

Il voto a favore di Podemos per investire Sánchez non è mai stato messo in discussione; la consultazione interna al partito, alla quale hanno partecipato 55.000 persone, aveva dato il via libera su indicazione del suo gruppo dirigente. Ma l’ex ministra di Pari Opportunità Irene Montero è stata critica con il discorso di investitura di Sánchez, affermando come alle parole debbano seguire i fatti e che l’obiettivo di arginare l’offensiva reazionaria diventa più difficile se Sánchez e Díaz faranno fuori Podemos dal governo. In Sumar non danno troppo peso a queste dichiarazioni, convinti che non ci sia alcun rischio per l’agenda progressista del governo e, in qualche modo, prendendo atto di un deterioramento nelle relazioni già consumato.

Probabilmente fanno anche conto sulla clausola che lega la ripartizione delle risorse del gruppo tra i diversi partiti sulla base della loro permanenza nella coalizione. Recentemente, Izquierda Unida, che come Podemos non ha alcun rappresentante tra i portavoce del gruppo in parlamento, aveva proposto di fare una federazione di partiti all’interno di Sumar. Entrambi sono gli unici partiti della coalizione di ambito nazionale e Podemos ha dieci volte più militanti della somma di tutte le altre formazioni in essa contenute.

Comunque vada a finire, il conflitto tra Podemos e Sumar in questi termini, rappresenta un punto d’inflessione nel progetto di ricostruzione dell’area alla sinistra del Psoe. Un contrasto che si trascina fin dal primo momento della costruzione dell’alleanza elettorale.

Yolanda Díaz ha avuto il pregio di mettere insieme tutte le formazioni alla sinistra del Psoe, scongiurando la dispersione di voti in elezioni cruciali come quelle dello scorso luglio, ma non ha tenuto conto del peso specifico di ciascuna componente. È stato in parte il prezzo pagato per recuperare a una logica unitaria tutti i pezzi che negli anni erano usciti da Podemos, per incompatibilità con la gestione interna. Ma in questo modo si è alienata la collaborazione del pezzo più importante, quello che, nel 2019, ha portato al governo del paese per la prima volta la sinistra alternativa in coalizione col Psoe. Il resto lo hanno fatto gelosie nella leadership, vecchi e nuovi contrasti personali, problemi all’interno del governo e, non ultima, l’indicazione di Díaz da parte di Iglesias a succedergli nel governo e nella guida dell’area, senza prevedere alcun percorso democratico.

Sumar dovrà curare attentamente in futuro la propria visibilità. Perché con Sánchez che propone una piattaforma squisitamente progressista, capace di tessere alleanze con oltre la metà del parlamento, la sua iniziativa rischia di essere diluita in quella di un esecutivo a guida socialista.

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