Dura poco la vacanza in riviera. Dalle grotte di Frasassi il gruppo riparte subito alla volta di San Giacomo sopra Ascoli, per un arrivo in salita al culmine di un’ascesa di una quindicina di chilometri, preceduto a mezza via dalle forche di Gualdo e di Presta. Colli verdi e sassi bianchi. Un omaggio doveroso il Giro lo tributa ai comuni devastati dal terremoto del 2016.

Non ripartono Landa e Sivakov, ed è curioso che il favorito Egan Bernal abbia perso in una botta sola il suo rivale principale ed il suo gregario più prezioso. Tappa ambigua, nel senso che non si presenta come tremenda, ma adatta alle imboscate questo sì. In generale il percorso apparecchiato in questo Giro non si presta tanto alle battaglie campali, e chi lo vuole vincere è chiamato ad attrezzarsi per la guerra di corsa o il brigantaggio. Lungo il tragitto del resto le bande di briganti ci sono sempre state.

Ambiguo è il percorso e ambigua la fuga che prende corpo, popolata da gente tosta che potrebbe sia mettersi in proprio che far da testa di ponte per un attacco dei capitani. Sono presenti Mollema, Bouchard, Janssens, Guglielmi, Cataldo, Ravanelli, Mohoric e Mäder, che di nome fa Gino, nome nobile del ciclismo ma che non va chissà perché tanto di moda.

La vicenda sembra destinata a svolgersi secondo il copione abituale, davanti si lotterà per la tappa e dietro si stuzzicheranno i big. Succede però che tra le due forche il vento spazza l’altopiano e quelli della Ineos attaccano come diavoli, in testa a tutti Ganna. Si apre così un ventaglio e ci rimettono soprattutto De Marchi e i fuggitivi, il primo annaspa alla rincorsa fino alla deriva, i secondi vedono il vantaggio affievolirsi. Fa un freddo boia, acqua vento e grandine. Gli Ineos comandano la discesa verso Ascoli, mentre attaccano Bardet, Bettiol e Ciccone. Bettiol è il più vicino alla maglia rosa, pedala e inveisce con gli altri due, ma è fiato perso.

Davanti si avvantaggiano Mohoric, Mollema, Cataldo e Gino . Ai meno tre Gino abbandona la compagnia. Quando Martinez apre le ostilità in gruppo il vantaggio è ormai ridotto a un minutino scarso. È un assist a Bernal, che parte più deciso e si porta dietro Ciccone, Evenepoel, Martin e via via gli altri. Sono però scaramucce, che permettono a Mäder di guadagnarsi il traguardo e trionfare, stravolto, a braccia alzate. La maglia rosa cade addosso all’ungherese Valter, di nome Attila.