Clima da stadio per papa Francesco a Kinshasa con 65 mila giovani a cui Bergoglio ha chiesto per un momento di non guardare lui «ma le vostre mani (…). Dio ha messo nelle vostre mani il dono della vita, l’avvenire della società e di questo grande Paese. Nessuno nella storia può sostituirti. Chiediti allora: a cosa servono queste mie mani? A costruire o a distruggere, a donare o ad accaparrare, ad amare o ad odiare?».

Poi ha dato un nome ad ogni dito della mano, cinque ingredienti per costruire il futuro: preghiera, comunità, onestà, fragilità/perdono – i grandi traguardi passano attraverso la fragilità – e poi il servizio.

«DICIAMO INSIEME NO alla corruzione» ha insistito papa Francesco, citando l’esempio di Floribert Bwana Chui che «aveva solo ventisei anni quando venne ucciso a Goma per aver bloccato il passaggio di generi alimentari deteriorati, che avrebbero danneggiato la salute della gente. Poteva lasciare andare, non lo avrebbero scoperto e ci avrebbe pure guadagnato».

Il giovane catechista David Bode Nguamba ha poi preso la parola sul tema della violenza in cui giovani sono immersi: «Molti tra noi sono reclutati con la forza nei gruppi armati». Una sfida per la Chiesa e per il Paese perché il tema della riconciliazione che ha segnato queste giornate si intreccia con il tema della giustizia e come spiega un religioso «è difficile riconciliarti con qualcuno mentre ancora ti sta sparando». L’incontro ha alternato momenti di ballo, canti, silenzio e lacrime nel volto di tanti presenti.

Il papa, giovedì sera, aveva messo «le mani» nelle piaghe del Paese ascoltando, dopo quelle dei sopravvissuti alle atrocità del Kivu, le testimonianze di persone vulnerabili. Come i rappresenti del gruppo Telema Ongenge: «Siamo portatori e portatrici di handicap. Molti di noi erano in ribellione aperta contro la società e pure contro Dio, soprattutto quando ci siamo resi conto che le nostre sofferenze potevano essere evitate, invece non hanno più rimedio e gridano nel deserto dell’impotenza e dell’indifferenza».

SEGUONO STORIE di sofferenze inenarrabili causate spesso dalla mancanza di medici e medicine, dai pregiudizi sociali, Storie che grazie a gruppi, associazioni, parrocchie non finiscono nell’esclusione perché vi sono anche «persone che non hanno girato la faccia dall’altra parte quando hanno attraversato la nostra strada».
Il pontefice ha ringraziato «per tutto quello che fate», aggiungendo: «In questo Paese, dove c’è tanta violenza che rimbomba come il tonfo fragoroso di un albero abbattuto, voi siete la foresta che cresce ogni giorno in silenzio e rende l’aria migliore, respirabile. Non mi avete fatto un elenco di problemi sociali, enumerato dati sulla povertà, ma mi avete fatto incontrare nomi e volti».

BERGOGLIO CONFESSA di essersi chiesto, ma «vale la pena impegnarsi di fronte a un oceano di bisogno in costante e drammatico aumento? Non è un darsi da fare vano, oltre che spesso sconfortante?». Risposta: «Voi mi avete detto ne vale la pena e c’è bisogno che soprattutto i giovani vedano questo: volti che superano l’indifferenza guardando le persone negli occhi, mani che non imbracciano armi e non maneggiano soldi, ma si protendono verso chi sta a terra e lo rialzano per riconsegnarlo alla sua dignità».

In tre giorni il papa ha fatto il possibile, le risorse e la classe dirigente continuano ad essere una sfida per il Paese: un’Assemblea nazionale dove sono presenti molti deputati condannati per corruzione e molti che vengono da posizioni di comando in gruppi ribelli, gente in abiti civili, ma dalla mentalità incline all’uso della forza e della sopraffazione: «Schiacciare o comprare».

DE ANDRÉ DICEVA che dai diamanti non nasce niente, in Congo si sbagliava: qui nascono corruzione e guerra. Alla fine secondo alcuni commentatori le parole del Papa «cadranno nel vuoto, i potenti sono impermeabili» per altri «forse tra i grandi sarà così, ma per la gente il viaggio è stato importante e continuerà nel tempo a dare i suoi frutti». Sperando che neanche Papa Wemba abbia ragione quando canta chacun pour soi (ognuno per sé).

p.s. – se l’occidente volesse veramente fare qualcosa basterebbe non acquistare i minerali congolesi dai Paesi vicini.