I tagli dell’Opec, le sanzioni alla Russia e il calo delle scorte Usa
Economia I motivi degli aumenti. C'entrano i produttori, ma anche le attuali tensioni geopolitiche, guerra e sanzioni
Economia I motivi degli aumenti. C'entrano i produttori, ma anche le attuali tensioni geopolitiche, guerra e sanzioni
Prezzo dei carburanti di nuovo alle stelle e, come al solito, ognuno se la canta come vuole. Il ministro Urso se la prende con le accise («senza le accise abbiamo la benzina più bassa d’Europa»); il Codacons grida alla speculazione annunciando esposti in procura; altri chiamano in causa il taglio dell’offerta da parte dei paesi produttori, e poi l’eccesso di domanda determinato dalla mobilità vacanziera.
Tante mezze verità. Intanto, in autostrada, la benzina si paga ormai più di due euro a litro, e il gasolio ai due euro ci va vicino. Ma è record anche ai self service in città. Mai così ad agosto negli ultimi diciotto anni (dal 2020 ad oggi si è passati da 1,38 a 1,93 euro per un litro di benzina al fai da te).
COME SI FORMA il prezzo finale? Per il 58% esso è costituito da Iva e accise. Il resto è dato dal prezzo industriale (42%), che comprende anche il margine dei gestori (tra l’8 e il 12%). Le accise contano, quindi. Ma non sono una componente volatile.
Molto più importante, in questo caso, è il costo della materia prima. Che negli ultimi tempi è lievitato anche a causa delle decisioni dell’Opec. Obiettivo: tagliare di 1,4 milioni di barili la produzione giornaliera di greggio da qui al 2024. La sola Arabia Saudita ha annunciato un calo di un milione di barili al giorno. Decisioni che contano, se non altro perché il gruppo (13 stati membri e 10 «alleati») pesa per il 40% nella produzione globale.
Tutto qui? No, c’entrano anche le attuali tensioni geopolitiche. Guerra e sanzioni. Fino al 5 febbraio di quest’anno, l’Unione europea importava dalla Russia prodotti petroliferi per un valore di 70 milioni di euro al giorno. Poi è scattato l’embargo.
STOP ai prodotti raffinati russi, con qualche scappatoia: alcuni paesi, come la Turchia o l’India, si sono messi a raffinare un po’ di petrolio russo anche per noi. Ma non basta. C’è da fare in proprio e affidarsi agli Stati Uniti. Finché ne hanno. Infatti, proprio il calo delle scorte Usa, insieme alla chiusura di alcune raffinerie in Europa, è oggi uno dei fattori principali della fiammata dei prezzi alla pompa.
Di fronte a questi cambiamenti epocali il governo italiano appare completamente senza bussola. Dice che i cartelloni hanno funzionato e che senza accise le cose andrebbero ancora meglio. Guai però a parlare di eliminazione o di taglio di questi balzelli. Certe cose si possono dire solo in campagna elettorale.
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