Il Giorno della Memoria rappresenta ogni anno un’occasione per indagare non tanto e non solo la storia della Shoah e dei suoi protagonisti, ma per gettare nuova luce su pagine spesso inedite di vicende passate che non smettono di interrogare il nostro complesso presente.

TRA LE PROPOSTE editoriali di quest’anno si segnala Solo la speranza lenisce il dolore (Corbaccio, pp. 234, euro 18), un volume che raccoglie la preziosa testimonianza di Simone Veil che nel 2006 raccontò la propria vicenda davanti ad una telecamera su invito della Fondation pour la Mémoire de la Shoah e l’Ina, l’Institut national de l’audiovisuel di Parigi.
Scomparsa nel 2017, Veil che è stata una delle grandi protagoniste della politica francese ed europea, non raccontava in quel documentario solo il periodo della deportazione ad Auschwitz insieme a tutta la sua famiglia, da cui sarebbero tornate solo lei e una sorella, ma anche la vita felice che l’aveva preceduto. Nata e cresciuta in una famiglia ebrea di Nizza, di sentimenti repubblicani e laici, la futura Presidente del Parlamento europeo, inaugurò lei quel ruolo che avrebbe ricoperto dal 1979 al 1982, Veil descrive la vita felice del «prima» e il trauma che ne sarebbe seguito. Il freddo, la fame, le umiliazioni, i compagni di prigionia, i rapporti fra uomini e donne, i suoi diciotto mesi ad Auschwitz. Quindi, il ritorno, le nuove forme di umiliazione subite, la difficoltà di parlare, il suo impegno per la salvaguardia e la difesa della memoria.

IL VOLUME si apre con un breve testo della senatrice a vita Liliana Segre che dopo aver patito dal 1938 le conseguenze delle Leggi razziali del fascismo fu anch’essa deportata ad Auschwitz quando aveva solo 13 anni. Segre sottolinea come Veil, pur avendo conosciuto in seguito «una luminosa carriera politica e giuridica» non abbia mai tralasciato di rinnovare il proprio impegno in nome della testimonianza di ciò che aveva subito, e ripeteva: «Mai dimenticare, sempre coltivare la memoria, la storia e la giustizia».

Per i tipi di Giuntina arriva invece in libreria Da corso Vercelli a Treblinka di Carlotta Morgana (pp. 136, euro 16) che ricostruisce la storia di una giovane donna ebrea arrivata a Milano con la famiglia da Salonicco, e che sarebbe stata deportata dai nazisti dopo l’arresto avvenuto nei Balcani. Una vicenda di cui poco si sapeva, ma che riemerge ora grazie alle ricerche degli storici Sara Berger e Marcello Pezzetti.

Dopo gli anni milanesi, Susanna aveva sposato nel 1940 il cugino Davide, proprietario di una fabbrica di tessuti a Monastir, in Bulgaria e lo aveva seguito nei Balcani, in un zona che durante la guerra sarebbe però stata occupata dai tedeschi che nel 1943 iniziarono, anche grazie al sostegno dei diversi gruppi collaborazionisti locali, ad arrestare e deportare gli ebrei verso i campi della morte. Dell’intera famiglia della donna, oltre a lei, il marito Davide e la figlia Esperance, nata solo nel 1941, si sarebbero così perse le tracce fino a tre anni fa. Ora sappiamo che finirono tutti a Treblinka e che da lì non fecero più ritorno.

OLTRE A RIANNODARE i fili della memoria intorno a Susanna, il libro di Carlotta Morgana contribuisce a far riemergere dall’oblio una pagina di storia dimenticata e un frammento di quelle traiettorie cosmopolite che hanno a lungo caratterizzato la società europea. Il testo è arricchito dalle lettere che Susanna scrisse dai Balcani alla famiglia d’origine.