Il conflitto tra gli Stati uniti e gli Houthi nel Mar Rosso cresce. Washington ieri ha continuato a colpire gli obiettivi del movimento in Yemen. Sabato, il Comando centrale Usa ha dichiarato di aver attaccato un sito radar Houthi utilizzando missili da crociera da attacco terrestre Tomahawk. I raid congiunti tra Regno Unito e Stati uniti, venerdì sera, avevano preso di mira quasi 30 posizioni Houthi. Nasreddin Amer, vice segretario all’informazione degli Houthi, ha detto: «Non ci sono stati feriti, né perdite materiali né umane», aggiungendo che gli Houthi avrebbero dato una «risposta forte ed efficace».

DALL’OTTOBRE 2023, in sostegno dei palestinesi di Gaza, gli Houthi hanno dichiarato di voler attaccare qualsiasi nave diretta verso Israele o con connessioni con lo Stato ebraico. Chiedono che Israele interrompa l’offensiva su Gaza e consenta gli aiuti umanitari. Durante il cessate il fuoco umanitario tra Israele e Hamas, gli attacchi delle navi mercantili da parte degli Houthi sono notevolmente diminuiti. Poi il 31 dicembre piccole imbarcazioni Houthi attaccano una nave commerciale. Gli elicotteri della marina americana rispondono, affondando tre imbarcazioni Houthi e causando la morte di dieci membri dell’equipaggio. Il 9 gennaio gli Houthi lanciano uno dei loro maggiori attacchi sul Mar Rosso con 18 droni, due missili da crociera e un missile balistico antinave; tutti vengono intercettati dalle forze statunitensi e britanniche.

Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice americana presso l’Onu, ha ribadito che i raid sono stati effettuati «per riportare la stabilità nel Mar Rosso e sostenere i principi fondamentali della libertà di navigazione». La Casa bianca afferma di voler prevenire l’espansione della guerra: «L’azione difensiva – dice – è seguita a una vasta campagna diplomatica». In che modo la Casa bianca voglia favorire iniziative diplomatiche ha creato un ampio dibattito tra gli osservatori nel Medio Oriente. Gli Houthi hanno già sfidato gli Stati uniti e i loro alleati per due decenni.

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L’IMPIEGO della forza contro il movimento sciita – in passato da parte della coalizione internazionale guidata dall’Arabia saudita per restaurare il governo rovesciato dagli Houthi a metà degli anni 2010 – ha soltanto permesso al gruppo di perfezionare le proprie abilità militari e di emergere come un movimento di resistenza eroico, consolidando la propria legittimità nel paese. Prima del 7 ottobre, gli Houthi si trovavano ad affrontare diverse difficoltà interne. Tuttavia, la loro risposta alle azioni militari israeliane a Gaza sembra aver ottenuto sostegno non solo nello Yemen, ma anche in tutta la regione.

Gli analisti ritengono che i raid americani possano ridurre la capacità degli Houthi nel breve termine, ma è improbabile che li dissuadano completamente dagli attacchi alle navi. Per raggiungere il suo obiettivo, Washington potrebbe dover lanciare un massiccio attacco per annientare la loro capacità militare. Questo potrebbe riaccendere la guerra civile yemenita e aumentare notevolmente la probabilità che il conflitto tra Israele e Hamas si estenda a tutta la regione.

Hans Grundberg, inviato speciale delle Nazioni unite per lo Yemen, ha chiesto sabato a tutte le parti coinvolte di esercitare moderazione e ridurre la tensione in un «contesto regionale sempre più precario». Mentre potremmo percepire la questione degli Houthi e della libera navigazione nel Mar Rosso come separate dalla guerra di Gaza, in Yemen e in molti paesi dell’area geografica, la percezione è che Stati uniti e Regno Unito si siano uniti alla guerra contro la Striscia dalla parte di Israele.

IL PESO MORALE della guerra di Gaza sulla popolazione musulmana sta culminando in pericolose tendenze che potrebbero avere effetti imprevedibili sulle decisioni delle istituzioni di questi paesi. Iniziano anche a circolare nuove teorie: «l’Occidente sta eseguendo gli ordini di Netanyahu» e, se la Repubblica Islamica dell’Iran non interviene, tale decisione non può che essere il risultato di un accordo con gli americani in cambio della rimozione delle sanzioni.