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I popoli incontattati del Perù sono salvi

I popoli incontattati del Perù sono salvi

America Latina Grazie alle lotte di molte associazioni peruviane, è stato respinto un progetto di legge che avrebbe minacciato l’esistenza di sette riserve indigene

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 agosto 2023

Nell’Amazzonia peruviana vivono numerose tribù incontattate. Tutte hanno sviluppato stili di vita autosufficienti, ma malattie, violenze e razzismo minacciano la loro sopravvivenza. Secondo le testimonianze del console britannico Roger Casement, con il boom della gomma, nei primi anni del ‘900 furono resi schiavi, torturati e uccisi 30.000 indigeni. E in seguito a quella barbarie, alcuni indigeni sopravvissuti scelsero l’isolamento. Molti ora chiedono soltanto di essere lasciati soli. Eppure, se il Progetto di Legge 3518 fosse stato approvato, avrebbe favorito lo sfruttamento industriale, la distruzione dei territori e provocato la loro scomparsa.

SI TRATTA DI «UNA LEGGE genocida» presentata nel novembre 2022 dai parlamentari peruviani pro-Fujimori durante i violenti scontri a Lima e le proteste contro il presidente Pedro Casstillo, con il supporto di potenti imprenditori del settore degli idrocarburi. Lo scorso 23 giugno la Commissione per la decentralizzazione del Congresso, però, ha bloccato proprio questo disegno di legge che vuole eliminare la Ley Piaci che difende dal 2006 l’integrità dei popoli indigeni isolati.

«I 25 POPOLI INCONTATTATI E DI RECENTE contatto che sono stati ufficialmente riconosciuti dal Paese avrebbero perso, in un colpo solo, questo riconoscimento e con esso tutti i loro diritti. Le sette riserve indigene già istituite per questi popoli avrebbero potuto essere revocate, e le terre sarebbero state depredate», ha spiegato Teresa Mayo, ricercatrice di Survival International.

GRAZIE ALLE LOTTE E ALLA CAMPAGNE condotte dalle organizzazioni indigene peruviane Aidesep e Orpio, dalla delegazione Univaja (l’organizzazione degli indigeni della Valle Javari in Brasile) e da oltre 13000 sostenitori di Surivival International, ora possiamo parlare di vittoria contro la lobby che si è autonominata Coordinadora de Desarollo Sostenible de Loreto (Coordinatrice dello sviluppo sostenibile di Loreto) e specialmente contro la multinazionale anglo-francese Parenco. Vale a dire il colosso petrolifero che ha individuato nella regione amazzonica Napo-Tigre il giacimento di petrolio più grande del Perù: circa 300 milioni di barili di greggio.

QUESTO SPIEGHEREBBE il motivo delle pressioni sui governi regionali come quelli di Loreto, nonché i continui tentativi di mettere in dubbio l’esistenza dei Piaci (Popoli indigeni in isolamento). Per Teresa Mayo «questi discorsi sono soltanto un palese tentativo di land grabbing, la Parenco da anni si oppone alla creazione della Riserva Napo-Tigre per le tribù incontattate. Lo scorso anno ha persino presentato un’ingiunzione legale accompagnata da una campagna pubblica».

È UTILE PRECISARE CHE NON SI TRATTA di azioni isolate. In Perù l’industria del petrolio e del gas ha già avuto un impatto catastrofico su questi popoli. Negli anni ‘80, ad esempio, a seguito delle prospezioni petrolifere effettuate dalla Shell, furono introdotte malattie mortali che uccisero oltre la metà del popolo Nahua (che era precedentemente incontattato). Il 15 gennaio 2022 è stato registrato inoltre il peggior disastro ecologico della storia del Paese, in seguito allo sversamento di 12 mila barili di greggio da parte della nave Mare Dorium, di proprietà della compagnia spagnola Respol.

SEMPRE IN PERÙ, LA RISERVA dei Murunahua, creata nel 1997, negli ultimi anni sta registrando un aumento di attività illegali e di invasioni da parte dei taglialegna, trafficanti di droga e minatori. E neanche il Parco Nazionale della Sierra del Divisor, istituito nel 2015, che ospita oltre 3.000 specie di piante e animali (alcune delle quali non si trovano in nessun’altra parte del mondo), e circa 1,3 milioni di ettari di foresta amazzonica, è stato in grado di difendere la diversità della fauna e dei Piaci. A queste criticità si aggiunge quella relativa al processo di partecipazione democratica.

PIÙ IN GENERALE, OCCORRE IL CONSENSO libero, previo e informato per tutti i cosiddetti progetti di sviluppo. Anche se spesso queste comunità hanno sistemi diversi per gestire la loro organizzazione sociale, con tipologie specifiche di legittima rappresentanza. Così come sono diverse le tempistiche nei particolari contesti in cui il processo decisionale interno deve avere luogo. Ma le tribù incontattate – proprio in virtù del fatto che non hanno contatti con il mondo esterno – non possono dare questo consenso. Pertanto, qualunque attività di sfruttamento delle risorse all’interno dei loro territori è illegale secondo il diritto internazionale.

L’ARTICOLO 26 DELLA DICHIARAZIONE delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni in particolare recita: «I popoli indigeni hanno diritto alla proprietà, uso, sviluppo e controllo delle terre, dei territori e delle risorse che possiedono per motivi di proprietà tradizionale oppure di altre forme tradizionali di occupazione o uso, come anche di quelli che hanno altrimenti acquisito». I territori custoditi dalle tribù indigene sono di vitale importanza per il futuro della nostra casa comune. Anche se non sono esenti dall’impatto dei cambiamenti climatici. La vita di questi difensori del pianeta difatti dipende in gran parte dall’ambiente naturale.

È LO STESSO AMBIENTE SFRUTTATO dalle multinazionali e deturpato dal mondo occidentale che propone soluzioni per contrastare il riscaldamento globale. Alcune misure di mitigazione rischiano dopotutto di violare diritti umani e facilitare il furto, lo sfruttamento e la distruzione delle loro terre. Un grido di allarme rivolto a noi, perché l’80% della biodiversità del pianeta si trova in queste aree. Secondo Sigrid Bazán di Cambio Democrático-Juntos por el Perú:«I Piaci sono un ostacolo agli affari delle mafie. Ma non parliamo solo dei Paesi dell’Amazzonia, parliamo in generale dei 4 milioni di ettari in riserva e di altri 4 milioni in lavorazione. Tutto questo territorio della nostra giungla è in pericolo».

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