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«I politici devono decidere, altrimenti clima fuori controllo»

«I politici devono decidere, altrimenti clima fuori controllo»La celebre visualizzazione in «warming stripes» del riscaldamento del pianeta – showyourstripe.info

Intervista a Ed Hawkins Lo scienziato dell’Ipcc e autore delle «warming stripes», spiega perché il bivio a cui si trova oggi il pianeta è inaggirabile: «La scienza ormai è chiara. Finora la Terra si è scaldata di 1,1 gradi. Per provare a stare sotto l’1,5 bisogna dimezzare entro il 2030 le emissioni di CO2 e arrivare allo "zero netto" nel 2050. Troppe promesse alla Cop26 - avverte - Servono impegni concreti e puntuali in ogni paese, altrimenti supereremo la soglia di intervento»

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 12 novembre 2021

C’è un grafico che mostra l’aumento della temperatura con i colori. Sono le «warming stripes», strisce verticali colorate e ordinate cronologicamente, che dal blu per la temperatura più fredda al rosso per quella più calda, rappresentano l’aumento della temperatura media globale dal 1850 a oggi. È forse il modo più immediato di comprendere il riscaldamento globale dell’ultimo secolo, ed è un’idea del climatologo inglese Ed Hawkins, autore dell’ultimo rapporto Ipcc. In questa intervista ci spiega lo stato del clima e gli ostacoli maggiori all’azione politica necessaria per evitare le conseguenze più devastanti della crisi climatica.

Professor Hawkins, può spiegare il legame tra gli eventi meteorologici estremi e il cambiamento climatico?

Dall’ultimo rapporto Ippc è chiaro che le attività umane – principalmente la combustione di combustibili fossili – finora hanno riscaldato il pianeta di circa 1,1 gradi. Una delle conseguenze di questo riscaldamento è che ha reso gli eventi estremi, come le ondate di calore e le forti piogge, più intensi e più frequenti. Quindi stiamo già sentendo gli effetti del riscaldamento del mondo sugli eventi meteorologici estremi.

Avrà sentito del medicane che ha colpito l’Italia meridionale. Considera i medicane e altri eventi meteo estremi una manifestazione fisica del cambiamento climatico?

Abbiamo sempre avuto fenomeni estremi. Ora però quando abbiamo un’ondata di calore è più calda di quanto sarebbe stata senza il cambiamento climatico, quando abbiamo forti precipitazioni, cade più pioggia. E così l’impatto e il rischio di inondazioni è maggiore quando un ciclone tropicale o un medicane colpisce la terraferma, perché il livello del mare è più alto. Quindi il cambiamento climatico sta aumentando gli impatti e gli effetti degli eventi meteorologici.

Può parlare del progetto «warming stripes» e del relativo hashtag #ShowYourStripes? Come è nato, cos’è e come ha cambiato la visualizzazione dei dati per il pubblico?

È iniziato circa tre anni fa, per un festival di letteratura a Hay, nel Regno Unito. Stavo cercando un modo per dimostrare gli effetti del mondo che si sta scaldando a un pubblico non abituato a vedere grafici scientifici. Così ho usato una serie di strisce colorate per rappresentare i cambiamenti di temperatura nella stessa città di Hay, usando una striscia all’anno e i colori che rappresentano la temperatura in quel particolare anno. Si possono vedere i colori cambiare da blu a rosso negli ultimi 130 anni circa.

Ho visto le persone capire immediatamente ciò che stavo condividendo e ho pensato che le strisce possono comunicare il riscaldamento nel modo più semplice e chiaro possibile anche a un pubblico ampio. Il progetto ShowYourStripes mostra le variazioni di temperatura per ogni stato e anche per le città. È importante capire che il riscaldamento globale non è un concetto astratto, ma ci sta influenzando tutti, qui e ora.

Le «warming stripes» dell’Italia

Si può notare facilmente il riscaldamento del nostro paese iniziato dagli anni’80 ed esploso in modo crescente dal 2000 a oggi (sulla destra delle immagini)

È d’accordo con chi dice che gli ostacoli alle soluzioni della crisi climatica non riguardano la scienza? Da decenni ormai ci sono certezze sulle cause e su alcuni effetti di questo fenomeno, e le proiezioni degli scienziati sono sempre più accurate.

Sì, lo sappiamo da molto tempo. Abbiamo osservato per la prima volta che il mondo si stava riscaldando e che questo era legato all’aumento osservato dell’anidride carbonica fin dal 1938.

L’Ipcc ha concluso nel 1995 che c’era un effetto percepibile dell’attività umana sulle temperature. E abbiamo capito che i gas serra riscaldavano il pianeta già negli anni 1850, 1860. Quindi non è una novità.

Come scienziati del clima non sappiamo tutto sul clima, ma ne sappiamo abbastanza per informare la politica delle conseguenze molto gravi se le temperature continuano a salire. I politici hanno tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni.

Quindi quali pensa che siano i principali ostacoli all’azione climatica oggi?

Ci sono molti fattori. Non possiamo spegnere ogni centrale a carbone o a gas da un giorno all’altro. Ci vuole tempo. Ma ovviamente più velocemente lo facciamo, meno gravi saranno le conseguenze.

Non è semplice trovare un punto d’incontro, ogni nazione ha economie e priorità diverse. Poi ci sono interessi da parte di alcuni paesi e compagnie che sono molto dipendenti dai combustibili fossili e che non vogliono fare questa transizione. E hanno negato e prodotto disinformazione per decenni, rallentando ogni azione.

C’è un processo dall’alto da parte dei governi ma abbiamo anche bisogno di un processo dal basso per motivare i politici e i governi, e prendere le decisioni più velocemente.

Qui ShowYourStripes può entrare in gioco, può iniziare queste conversazioni a livello locale raggiungendo diversi tipi di pubblico e permettendo un modo molto semplice di comunicare.

Inondazioni a Sydney, in Australia, nel marzo 2021 - foto Ap
Inondazioni a Sydney, in Australia, nel marzo 2021 – foto Ap

 

Recentemente lei ha scritto: «Siamo a un bivio». E lo ha dimostrato anche attraverso la visualizzazione dei dati con le strisce. Che cosa intende?

Dobbiamo fare delle scelte. Siccome siamo noi a causare i cambiamenti climatici, le nostre azioni possono fare la differenza in ciò che accadrà dopo. Quindi sì, siamo a un bivio. Possiamo scegliere di percorrere la strada della riduzione immediata e su larga scala delle nostre emissioni, arrivare più rapidamente allo «zero netto» e finire in un mondo in cui le conseguenze sono minori.

Oppure possiamo scegliere di fare alcuni piccoli cambiamenti che richiedono più tempo e finire in un mondo più caldo. Oppure possiamo girarci dall’altra parte e continuare a bruciare combustibili fossili.

Gli scienziati hanno fornito informazioni sulle conseguenze di tutte queste diverse scelte e le hanno presentate al pubblico e ai politici. Ora decidere quale strada prendere è una scelta collettiva.

Come sta andando la Cop? Cosa pensa dei risultati finora?

Penso che si stiano dando molte informazioni su promesse e impegni. Ma ciò di cui abbiamo bisogno sono politiche concrete e piani attuati in ogni paese per ridurre le emissioni. Le promesse sono già state fatte e non mantenute. Per esempio quelle sulla deforestazione. Poi le nazioni ricche hanno promesso di stanziare 100 miliardi di dollari in finanziamenti per il clima, e abbiamo tradito anche quella promessa.

C’è una mancanza di fiducia, credo, e abbiamo bisogno di ristabilire quella fiducia dimostrando che faremo ciò che diciamo. Più velocemente vedremo queste azioni implementate, più crescerà la fiducia e più diminuiranno le conseguenze climatiche negative.

Quali sarebbero, dal punto di vista scientifico, le cose principali su cui i governi devono accordarsi e agire il prima possibile?

La scienza è molto chiara. Se i politici vogliono limitare l’aumento della temperatura globale a meno di due gradi, o 1,5 gradi, allora dobbiamo più o meno dimezzare le emissioni entro il 2030 e raggiungere lo «zero netto» intorno al 2050.

Serve un’azione molto rapida nel prossimo decennio per iniziare a diminuire le emissioni, perché se continuiamo a emettere avremo superato i limiti del budget di carbonio. E andremmo oltre quelle soglie. Quindi dobbiamo iniziare subito e poi continuare in maniera costante.

Questo perché le emissioni sono cumulative. Può spiegare cosa significa?

Sì, le emissioni di anidride carbonica sono cumulative. Quello che pompiamo nell’atmosfera rimarrà lì per secoli. Altri gas serra sono un po’ diversi. Il metano, per esempio, ha una vita molto più breve. E così, riducendo le emissioni di metano, ne ridurremmo effettivamente la concentrazione nell’atmosfera.

Ma per l’anidride carbonica ogni quantità che aggiungiamo rimarrà «lassù». E così la concentrazione continuerà a salire fino al punto in cui non ne emetteremo più. Quindi, il riscaldamento dovuto alle nostre emissioni di anidride carbonica è permanente, a meno che non possiamo estrarla di nuovo dall’atmosfera.

Quindi il tempo è davvero molto importante.

Moltissimo. Ridurre le emissioni rapidamente chiude o rallenta «il rubinetto» dell’anidride carbonica nell’atmosfera.

Come si possono superare i problemi di comunicazione scientifica al pubblico?

Penso che sia utile il processo dell’Ipcc perché riunisce autori da tutto il mondo. Passiamo anni a setacciare le prove e a riunirci per scrivere conclusioni di consenso che vengono riviste da migliaia di altri scienziati in modo aperto. Lo ritengo un processo molto utile per costruire la fiducia.

Poi penso che parlare della storia della scienza aiuti. Ci sono famosi scienziati del passato, come Fourier, Foote, Tyndall, Arrhenius, Callendar e tanti altri che hanno lavorato su questi problemi ben prima di qualsiasi grande movimento ambientalista.

E infine c’è una scienza fondamentale di base, penso che siano tutti aspetti molto utili da sottolineare quando parliamo al pubblico.

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