Dopo la prima tornata di arresti l’inchiesta belga sulle presunte tangenti pagate da Qatar e Marocco ha assunto da ieri connotati molto più ampi. Nuovi e inquietanti particolari emergono dal decreto della procura di Milano che su delega del giudice istruttore di Bruxelles nei giorni scorsi ha perquisito una serie di abitazioni, tra cui anche quelle dell’ex europarlamentare Antonio Panzeri e del suo collaboratore Francesco Giorgi. Per i pm milanesi l’inchiesta dei colleghi belgi ha portato alla luce l’esistenza di un gruppo «indeterminato e molto ampio» di persone dedite alla«corruzione, operante all’interno di strutture europee con o senza legami con l’Unione europea». Un’organizzazione che avrebbe agito a livello internazionale e nella quale Panzeri avrebbe ricoperto un ruolo di primo piano.

NEI PROSSIMI GIORNI non è escluso che i collaboratori più stretti dell’ex europarlamentare così come dalle persone legate alla sua ong Fight Impunity possano emergere ulteriori notizie utili a disegnare la rete di rapporti costruita nel tempo da Panzeri. Intanto chi continua a collaborare con la magistratura belga è Francesco Giorgi, una delle quattro persone agi arresti da una settimana. Secondo indiscrezioni del quotidiano Le Soir, che ha avuto modo di leggere gli atti dell’inchiesta, l’ex assistente parlamentare avrebbe confessato al giudice istruttore di aver fatto parte di un’organizzazione utilizzata sia dal Marocco che dal Qatar per interferire negli affari europei. Giorgi avrebbe anche scagionato la sua compagna, l’ex vicepresidente greca del parlamento europeo Eva Kaili, da ogni responsabilità.

Versione analoga a quella fornita ieri in televisione dall’avvocato di Kaili. «Non permetterò di farmi diventare Ifigenia» ha detto la donna al legale facendo riferimento alla figlia primogenita di Agamennone e di Clitemnestra che nella mitologia greca venne sacrificata. «Kaili – ha spiegato l’avvocato – non ha alcun coinvolgimento con i soldi che sono stati trovati, tranne che lei stessa era nella casa in cui è stato trovato i denaro».

GLI ASPETTI internazionali dell’inchiesta aiutano a capire l’interesse di alcuni Paesi nelle vicende europee. Se per il Qatar importante era crearsi una nuova immagine in relazione ai diritti civili, per il Marocco fondamentale era la ratifica per lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale. Obiettivo per il quale Rabat ha smosso mari e monti. Nel 2017 al tavolo della commissione parlamentare mista Marocco-Ue, in qualità di copresidente sedeva Abderrahim Atmoun, attuale ambasciatore del Marocco a Varsavia tirato in ballo dai magistrati belgi per i rapporti con l’ex eurodeputato arrestato per corruzione Antonio Panzeri. Sul tema del terrorismo nello stesso anno i due si confrontavano in sede di commissione Pe per i diritti umani. Un rapporto che evidentemente non si è interrotto con la partenza di Atmoun verso altri lidi. Ad occuparsi del collegamento locale in Belgio con il fondatore dell’Ong Fight Impunity sarebbero stati gli uomini della Direction générale des ètudes et de la documentation (Dged), il servizio di intelligence marocchino alle dirette dipendenze di re Muhammad, con un bilancio annuale di un miliardo di dollari solo in chiaro. Il capo della Dged, Yassine Mansouri, è ora sospettato dalla procura di Bruxelles di essere un personaggio chiave dello scandalo mazzette.

SCOSSO DALLO SCANDALO, il parlamento europeo cerca ora di correre ai ripari. Ieri, su richiesta della procura europea, è stata autorizzata la revoca dell’immunità parlamentare sia di Kaili che per l’eurodeputata greca del Ppe Maria Spyraki. Per quest’ultima la procura non ha chiarito se la richiesta sia collegata all’inchiesta sulle presunte tangenti.

I deputati hanno approvato con 541 voti a favore, due contrari e tre astenuti una risoluzione che impegna ad adottare norme più stringenti sulla trasparenza. I deputati hanno ance deciso di sospender fino a quando non sarà fatta chiarezza tutti i lavori sui fascicoli legislativi relativi al Qatar insieme all’accesso «ai rappresentanti di interesse di Doha».