“Chi ha paura di vento e acqua invece di fare il corridore dovrebbe stare a giocare a carte al bar”. Così Eddy Merckx ha delicatamente chiuso la querelle attorno al dimezzamento del tappone alpino l’altro giorno. Ma se Eddy conoscesse Guccini almeno un po’ saprebbe che, da tempo, i moralisti han chiuso i bar, e quindi si va avanti. Si va avanti da Sierre a Cassano Magnago, seguendo un percorso un po’ bizzarro: pronti via ci si arrampica fino ai duemila metri del Sempione, e il resto della tappa è una picchiata di cento e più chilometri verso l’arrivo. Passando dalla Svizzera all’Italia si fa il percorso inverso rispetto a quello fatto dalle bande guerrigliere alla fine dell’autunno del ’44. Si attraversa infatti la vecchia Repubblica partigiana dell’Ossola raccontata da Giorgio Bocca, con i suoi quaranta giorni di libertà e la sua bandiera rossa verde e blu, ogni fascia del colore di una delle brigate partigiane che liberò dai fascisti queste terre e le governò tra il 10 di settembre e il 23 d’ottobre. Una bella anticipazione di quella che fu (o avrebbe potuto essere) l’Italia nuova nata nella primavera successiva.

L’andamento della tappa è già scritto dall’inizio, in gruppo figuriamoci se c’è qualcuno che viene colto da un eccesso di fantasia. E così, mentre la maglia rosa Thomas e i suoi contendenti, che prima o poi forse verranno allo scoperto, traccheggiano in salita, con la pioggia che verso la vetta diventa nevischio e poi continua a sferzare i corridori per tutta la durata della tappa, si avvantaggia la fuga consueta, che assume le dimensioni di un’adunata di una trentina di persone. A bordo strada Ganna, ritirato qualche giorno fa, si affaccia dal giardino di casa e distribuisce tranci di pizza alle ammiraglie. Il clima del resto è quello di una serata in pizzeria, l’agonismo alberga altrove. E con l’agonismo il rispetto per la maglia rosa. Perché, già che in fuga c’è il francese Amliral che in classifica è staccato di un quarto d’ora abbondante, gli Ineos vedono bene di andare ancor più piano del solito e cedergli l’insegna del comando, per riprendersela in montagna tra qualche giorno. Quando lo fece Evenepoel a inizio Giro aveva un senso, questo sa tanto di gesto gratuito di scarsa riconoscenza nei confronti dei simboli della corsa.

Più avanti, per fortuna, i fuggiaschi sono d’un’altra pasta. Il groppone degli evasi si rompe ai meno sessanta dall’arrivo, quando scappano Ballerini, Rex, Oldani e Skujins. In vista del traguardo si fanno però sotto altri quattro dalle gambe buone, Bettiol, Mayrhofer, Gee e Denz. Denz non è il più veloce, ma l’altro giorno ha imparato a vincere e questo vizio non lo perde: salta tutti di forza, e sebbene un eccesso di esultanza vada vicino a costargli caro, concede il bis sotto la pioggia.