I Mondiali dei diritti negati che in troppi hanno voluto ignorare
Qatar 2022 Il giornalista morto allo stadio aveva avuto guai per una t-shirt arcobaleno
Qatar 2022 Il giornalista morto allo stadio aveva avuto guai per una t-shirt arcobaleno
Amnesty International, insieme ad altre Ong come Fair Square e al quotidiano britannico The Guardian, ha provato ad accendere le luci sulla soppressione dei diritti umani in Qatar durante i lavori per i Mondiali, chiedendo pure un risarcimento danni (420 milioni di euro) per le famiglie delle vittime. Voci silenziate dal vortice di interessi che ha consentito alla Fifa di portare a termine i Mondiali qatarioti, nonostante gli oltre seimila lavoratori (soprattutto indiani e pakistani) morti sui cantieri degli stadi. Ci sono stati decessi sulle impalcature dei porti, degli hotel di lusso: stroncati a temperature insostenibili, senza tutela sanitaria. Per le autorità qatariote il conto dei morti arriva a tre.
Ci sono stati decessi più che sospetti anche durante i Mondiali. Un operaio filippino è morto nel training resort dell’Arabia Saudita. Il comitato organizzatore ha subito declinato ogni tipo di responsabilità, l’amministratore delegato di Qatar 2022, Nasser Al Khater, ha invece teorizzato come la morte facesse parte della vita, evidenziando anche che la domanda sul filippino morto rivoltagli da un cronista britannico fosse del tutto «impropria».
Lo stesso Al Khater, un anno fa, spiegò alla stampa che in Qatar non vi fosse alcuna legge contro gli omosessuali. Che invece rischiano fino a tre anni di carcere, se «colti sul fatto». Amnesty e Human Rights Watch hanno fortemente criticato le inaccettabili parole del boss dei Mondiali e sempre Amnesty ha definito «un processo iniquo» quello a carico di Abdullah Ibhais, un ex funzionario della Coppa del Mondo in Qatar finito in carcere per aver espresso tutti i suoi dubbi sul trattamento riservato ai migranti al lavoro per i Mondiali. Il caso è finito alle Nazioni Unite, la famiglia lo considera un prigioniero politico, aggiungendo che Ibhais avrebbe trascorso quattro giorni in isolamento, a buio, dopo il pestaggio delle guardie carcerarie.
Si è arrivati al delirio di onnipotenza di Fifa e autorità del Qatar perché sul tema dei diritti sul lavoro e sulla tutela della comunità Lgbtq+ ci si è girati dall’altra parte. Lo hanno fatto la Fifa, le federazioni nazionali, ma anche Ue e Usa, tanto per fare i nomi. Nessun ostacolo per l’obiettivo finale, produrre introiti – i Mondiali vanno a gonfie vele e la Fifa incasserà ben oltre i sei miliardi di euro – e per mettere sulla mappa internazionale il Qatar, piccolo e potente paese alleato degli Stati Uniti, che in questi giorni si è spinto a proporsi per ospitare i Giochi olimpici estivi del 2036.
A proposito di americani, Grant Wahl, cronista 47enne, è morto accasciandosi durante Olanda-Argentina. Sarebbe deceduto per un infarto, il fratello però lancia accuse. Il giornalista aveva manifestato alcuni disturbi (un raffreddore che durava da giorni), per poi peggiorare di colpo. Sempre secondo i familiari, al cronista americano sarebbe stato prescritto un misterioso sciroppo per la cura del raffreddore, poi la tragica fine. Il giornalista era stato allontanato dalla tribuna stampa prima di Usa-Galles: indossava una maglia con i colori dell’arcobaleno. Aveva twittato di essere stato trattenuto per 25 minuti dalla sicurezza dello stadio Ahmed Bin Ali di Al Rayyan e poi di essere stato rilasciato. Una censura preventiva che aveva fatto molto discutere. Inducendo il governo qatariota a un atteggiamento più morbido verso le manifestazioni sugli stadi a sostegno della comunità gay.
Wahl è stato uno dei cronisti più attenti a documentare le morti dei migranti sui cantieri e la violazione sistematica dei diritti Lgbtq+.
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