Metti una sera a cena con Antony Blinken ed Eric Huang. Il 2024 è lontano ma non troppo. Soprattutto se ha in programma sia le elezioni presidenziali di Taiwan sia quelle degli Stati uniti. Il Guomindang, principale partito d’opposizione a Taipei, inizia le grandi manovre in vista di un appuntamento che potrebbe segnare un punto di non ritorno sulle sue ambizioni maggioritarie. E lo fa accelerando il tentativo di riannodare le fila del rapporto con la Casa bianca.

Un rapporto sfilacciato negli ultimi anni ma che Eric Chu, da settembre scorso a capo per la seconda volta del partito che fu di Sun Yat-sen e Chiang Kai-shek, vuole riavviare. Negli scorsi mesi è stato aperto un ufficio di rappresentanza a Washington, ora l’interessante incontro.

Il numero due della delegazione del partito negli States, nonché vicedirettore del suo dipartimento affari esteri, ha fatto sapere sui social di aver avuto una breve conversazione con il segretario di Stato americano durante una cena dell’Associazione dei corrispondenti dalla Casa bianca all’Hilton di Washington.

Al centro del confronto «le preoccupazioni dei taiwanesi sull’invasione russa dell’Ucraina». Presente anche il senatore democratico Chris Coons, che si sarebbe detto desideroso di incontrare lo stesso Chu. Il leader del Gmd aveva programmato una visita negli Usa per fine maggio, poi rinviata a causa dell’attuale ondata di Covid-19 a Taiwan. Proprio il forte aumento dei contagi, unito a qualche confusione su test rapidi e regole di quarantena, sta tra l’altro causando qualche grattacapo al governo del Dpp.

Il Gmd spera di approfittarne già alle importanti elezioni locali del prossimo novembre, ma ha nel mirino le presidenziali del 2024. Per questo cerca di ritornare «potabile» per la Casa bianca, dopo anni in cui è stato considerato alla stregua di una quinta colonna del Partito comunista cinese. A gennaio 2024 Tsai Ing-wen non potrà correre per un terzo mandato.

Eventualità che non dispiacerebbe agli States, che ne apprezzano l’equilibrio da centrista. Il vicepresidente William Lai, teorico successore in pectore, è una figura molto più spostata verso l’area «green», semplificando quella filo indipendentista. Il Gmd, sperando che anche a Washington si voglia preservare lo status quo, intravede un pertugio nel quale provare a costruire un nuovo rapporto di fiducia con gli Usa.

Elemento da non trascurare in una corsa elettorale taiwanese. Anche se un sondaggio della Taiwanese Public Opinion Foundation mostra come il 53,8% dei cittadini non crede in un intervento diretto degli americani in caso di invasione cinese. Percentuale quasi raddoppiata dal 28,5% dello scorso ottobre.

Non aiuterà l’annuncio di ieri del ministro della Difesa di Taipei, che ha fatto sapere che la consegna di 40 sistemi di artiglieria semoventi americani avverrà con grande ritardo. L’accordo prevedeva l’arrivo nel 2023, ma a causa di «inadeguata capacità produttiva» non arriveranno prima del 2026. E Taipei prova a guardarsi intorno alla ricerca di (difficili) alternative.