La battaglia per Severodonetsk sta per concludersi. «La nuova Mariupol» – come l’ha ribattezzata la stampa internazionale – è ormai quasi completamente occupata dall’esercito russo. Impossibile stabilire dove si trovi con esattezza la linea del fronte. Quel che è certo è che ancora si combatte casa per casa, specie nella periferia nordoccidentale della città.

NELLE SCORSE ORE un gruppo di combattenti ceceni si sono filmati mentre passeggiavano indisturbati nei pressi della administrativnyy dom – il locale municipio. I pochi residenti rimasti in loco – alcuni dei quali non hanno mai fatto mistero delle loro simpatie filo-russe – hanno accolto gli uomini di Ramzan Kadyrov con sorrisi e strette di mano, ovviamente a favore di telecamera. Ci sarebbe piaciuto saperne di più, di questo e altri episodi, ma da settimane a Severodonetsk non c’è più linea telefonica né connessione internet, e prendere contatto con chi è rimasto risulta praticamente impossibile.

Tuttavia – per giri traversi – siamo riusciti a interpellare un comandante delle forze speciali di Kiev che negli scorsi giorni ha fatto la spola tra l’ormai ex capoluogo dell’Oblast’ di Lugansk e la vicina Lishickansk. Ecco la traduzione del suo messaggio: «L’esercito ucraino è ancora presente nel nord della città, ma presto si ritirerà anche da lì. La città è completamente circondata, difenderla in queste condizioni sarebbe troppo difficile, oltre che sconveniente. Dobbiamo ridurre il più possibile le perdite, perciò i soldati si sposteranno presto a Lishickansk. D’altronde, i russi non riusciranno mai a passare il fiume».

Il ragionamento appare tutto sommato logico: la città di Lishickansk si trova infatti più in alto rispetto alla dirimpettaia Severodonetsk, le cui arterie resterebbero dunque completamente visibili – e quindi controllabili. Perché insomma lasciarsi intrappolare in una infernale Rattenkrieg quando più semplicemente puoi levare il disturbo, piazzarti sulla collina di fronte e sparare su tutto ciò che si muove?

OVVIAMENTE L’INTERO TEOREMA si scioglierebbe come neve al sole se solo i russi riuscissero a passare il fiume – il che, però, è in effetti improbabile. Il Severskji Donec non è certo il Rio delle Amazzoni, ma per guadarlo a bordo di tank e mezzi militari sarebbe necessario edificare un certo numero di ponti galleggianti, che è quel genere di cose che gli artiglieri ucraini tendono facilmente a notare. Più volte, nelle ultime settimane, i russi si sono cimentati nell’impresa, ma i droni di Kiev hanno sempre fatto buona guardia. Insomma: niente fiume, niente avanzata – con buona pace di Putin e dei suoi proclami di vittoria.

Anche a Lyman, una quarantina di chilometri a nord di Kramatorsk, la situazione è più o meno la stessa: i russi hanno preso la città, gli ucraini si sono ritirati oltre il Severskji Donec, hanno fatto saltare i ponti e si sono messi al sicuro in attesa della prossima mossa del nemico. Certo, essendo arrivati a ridosso del corso d’acqua le truppe di Mosca hanno potuto spostare in avanti le gittate dei propri cannoni, con i quali l’altra notte hanno colpito il centro di Sloviansk uccidendo tre persone e ferendone almeno sei – ma fino ad ora non hanno ancora cercato di passare sull’altra sponda.

MOLTE PIÙ PREOCCUPAZIONI, dal punto di vista di Kiev, dovrebbe suscitare il saliente di Bakhmut, che si trova esattamente dall’altra parte rispetto a Lyman ma del quale ancora non si parla granché. Siamo sul fronte meridionale del Donbass, trenta chilometri in linea d’aria a sudest di Kramatorsk. Qui i russi hanno già raggiunto sia l’autostrada T1302 – che conduce a Severodonetsk – che la M03 – direzione Myronivs’kyi. E poi: gli uomini di Putin stanno ingaggiando battaglia nei villaggi di Zolote, Komyshuvakha, Nyrkove, Berestove, Pokrovske e Dolomitne.

A differenza degli altri due fronti – Severodonetsk a est e Lyman a nord – qui non ci sono fiumi a sbarrare la strada ai mezzi corazzati russi. Le cittadine e i villaggi sono di dimensioni modeste – quindi niente Rattenkrieg – e i campi di grano si estendono a perdita d’occhio, riproducendo sulla piatta linea dell’orizzonte i colori giallo-blu della bandiera ucraina. Un gran spettacolo dal punto di vista scenografico – un po’ meno da quello militare.

«IL GROSSO PROBLEMA è che lì non ci sono foreste – ci ha confidato un ufficiale a un posto di blocco -. Con un po’ di alberi potremmo mimetizzare mezzi e artiglierie. Così abbiamo fatto vicino a Kiev, e infatti lì abbiamo vinto. Ma il Donbass è tutto distese coltivate, senza anfratti né ostacoli naturali. È veramente una gran rogna…».