Lavoro

I benefici del lavorare tutti di meno

I benefici del lavorare tutti di meno

Nuovi accordi Prima Intesa Sanpaolo (28mila bancari), poi Luxottica (15mila dipendenti) hanno introdotto la settimana lavorativa di 4 giorni per 20 settimane all’anno (5 giorni di permessi individuali dei dipendenti e 15 […]

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 5 dicembre 2023

Prima Intesa Sanpaolo (28mila bancari), poi Luxottica (15mila dipendenti) hanno introdotto la settimana lavorativa di 4 giorni per 20 settimane all’anno (5 giorni di permessi individuali dei dipendenti e 15 giorni pagati dall’azienda). Anche Leonardo (51mila dipendenti, 31mila in Italia) e Lamborghini (2mila) sono interessate a passare da 35 ore a 32 (con settimane alternate di 4 e 5 giorni).

I bancari erano stati i primi a scendere da 37,5 ore a 37 settimanali dopo quattro decenni in cui la riduzione degli orari era sparita, complice la vulgata liberista del massimo profitto. Ora ci si è accorti che i lavoratori sono sempre più stanchi di chi fa lauti profitti e non paga in modo adeguato e, chi può, si licenzia. In Usa sono stati 40 milioni, in Italia circa 3 (di cui metà giovani).

Juliet Schor del Boston College pubblicò negli anni ’90 The Overworked American che seguiva il nostro Lavorare meno lavorare tutti di Cacace, Frey e Morese del 1978, che proponeva di riprendere la riduzione di orario fermatasi negli anni ’80, al punto che in Usa c’erano 164 ore annue in più, come in molti paesi (tra cui l’Italia). Chi aveva proseguito nella riduzione di orario, come 56 imprese inglesi, aveva mostrato che con meno ore potevano crescere sia i ricavi che il benessere dei dipendenti (ansia, stanchezza e sonno -40% e assenze -65%). Inoltre minor inquinamento da traffico.

Nel 1850 le ore di lavoro in America ed Europa erano 72 alla settimana (12 ore per 6 giorni) e proprio le innovazioni tecnologiche (macchina a vapore…) avevano peggiorato le condizioni per più di un secolo (dal 1750 al 1860). Ci sono voluti i contro poteri dei sindacati per invertire la rotta. Nel 1886 i lavoratori dell’Haymarket di Chicago con uno sciopero ottennero la giornata di 8 ore di lavoro. Poi sarà Ford a introdurre la settimana di 40 ore nel 1926 perché non poteva avere un turn over del 370% e capì che i benefici dovevano andare anche ai lavoratori. In Italia si dovrà aspettare 40 anni (1969-70) per vedere applicata la settimana di 40 ore e la grande conquista delle pensioni.


Chi è andato più avanti di tutti è la Germania dove si lavora in media 1.400 ore all’anno contro le 1.770 dell’Italia e degli Usa, ma sono ormai 40 anni che l’ideologia liberista ha fatto abbandonare questa evidenza e cioè che ridurre l’orario fa bene a tutti, al lavoro, al capitale e all’economia reale.

La storia riserva però sempre delle sorprese e come diceva J.F. Kennedy: «Se gli uomini hanno la capacità di inventare nuove macchine che tolgono lavoro ad altri uomini, hanno anche la capacità di rimetterli al lavoro», se ci sono però i contro poteri (sindacati, associazioni…) che sono in grado di contrastare e negoziare la logica di chi vorrebbe usare l’Intelligenza Artificiale per automatizzare e sorvegliare e non come utilità per arricchire le mansioni di chi lavora.


L’accordo sindacale della settimana corta in Luxottica ha oscurato un aspetto che è ancora più importante: il part-time per chi va in pensione negli ultimi tre anni con paga piena con l’inserimento di un giovane a tempo pieno. Questo tandem (più che staffetta) favorisce il rilancio e la produttività delle imprese perché conserva sia l’expertise dell’anziano sia le innovazioni che porta il giovane. Nel lavoro (e più avanza l’età), si fanno spesso per metà tempo cose importantissime e per metà routine, per cui con un part-time si è spesso in grado di dare all’azienda il 90% della propria expertise.

Questa politica evita i costosi pre-pensionamenti che sono ancora largamente usati. Il recente accordo tra Tim e sindacati Tlc prevede duemila uscite volontarie per chi è a 4-7 anni dalla pensione. L’accordo sfrutta un articolo della legge Fornero che consente di andare in pensione anticipata fino a 7 anni entro il 2026 seppure con onere a totale carico dell’azienda. Si tratta di politiche antiquate e costose per le stesse aziende e uno spreco enorme di manodopera se si pensa all’enorme bisogno di lavoratori per via dell’inverno demografico (meno 8 milioni in età di lavoro entro il 2050).

I sindacati potrebbero rilanciare la buona pratica Luxottica come riforma del sistema pensionistico. Insieme a flussi migratori legali (programmati e organizzati che portino al lavoro), occorre favorire il tandem a favore sia dell’occupazione di giovani e donne, sia dell’invecchiamento attivo.

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