I 5S pronti a chiudere il caso Diciotti. Sul Tav è muro contro muro
Governo A giorni il voto sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, grillini verso il no. Ma sulla strada dei gialloverdi restano parecchie mine. Dalla Ue arriva la richiesta di completare la Torino-Lione, Conte rinvia la decisione alle «prossime settimane»
Governo A giorni il voto sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, grillini verso il no. Ma sulla strada dei gialloverdi restano parecchie mine. Dalla Ue arriva la richiesta di completare la Torino-Lione, Conte rinvia la decisione alle «prossime settimane»
Se fosse una procura, quella che propone il presidente della giunta per le immunità del Senato si chiamerebbe archiviazione. «Alla luce delle argomentazioni sin qui evidenziate» la giunta dovrebbe proporre all’aula «il diniego della richiesta di autorizzazione a procedere». La memoria difensiva di Salvini per Gasparri è convincente. Il ministro «ha agito per tutelare preminenti interessi di natura pubblica». A sorpresa, il presidente accoglie la richiesta avanzata da Piero Grasso e annuncia la decisione di inviare ai magistrati di Catania le due lettere accluse al testo di Salvini, quella di Conte e quella del duo Di Maio-Toninelli. I malpensanti subodorano il trucco per allungare i tempi e rinviare il voto. Ma è lo stesso Gasparri a smentirli: «Concluderemo nei termini previsti».
TRA UNA SETTIMANA, il 20 febbraio salvo lieve slittamento, M5S dovrà sciogliere il nodo. I pentastellati non hanno ancora detto una parola definitiva. Si trincerano dietro la necessità di studiare bene il caso. La botta abruzzese pesa, le divisioni interne tra «movimentisti» e «governisti» si intrecciano con una decisione dalla quale dipende la vita stessa del governo. Tutto è possibile, soprattutto nello stato confusionale in cui versano sia l’M5S che il suo capo politico. Ma la spinta favorevole al salvataggio del governo, e dunque di Salvini, resta prevalente. «Non tradiremo i nostri ideali», giura il capogruppo in giunta Mario Giarrusso. Però aggiunge che «non esiste ’la base’, esistono gli attivisti e gli attivisti capiscono». Il collega senatore Urrano si spinge oltre: «Si sta dispiegando un interesse pubblico evidente».
IN REALTÀ L’OPZIONE del voto a favore dell’autorizzazione deciso dai senatori 5S è quasi fuori discussione. La vera alternativa è quella invocata da Paragone: la consultazione on line. Se i sondaggi delle ultime settimane non mentono, l’esito dovrebbe essere garantito, e a quel punto il salvataggio del governo verrebbe santificato dal responso della «democrazia diretta». Ma a votare sono soprattutto i militanti più duri e non si sa mai. Forse rischiare non conviene, anche perché la tentazione di intrecciare la vicenda Diciotti con quella della Tav, se mai c’è stata, è svanita. Significherebbe solo regalare a Salvini un’arma potente.
Il governo dunque, salvo clamorose sorprese, non esalerà l’ultimo respiro per i 177 profughi della Diciotti. Non significa che sia al riparo da altri e altrettanto temibili rischi. Il principale si chiama appunto Tav e da quel punto di vista il fronteggiamento resta del tipo «muro contro muro». Ieri la commissione europea, che nelle prime 24 ore aveva evitato di esprimersi, ha rotto ogni indugio: «Il progetto è indispensabile e dovrebbe essere attuato nel più breve tempo possibile», taglia corto la commissaria ai Trasporti Violeta Bulc. Ma soprattutto è la Lega a non avere alcuna intenzione di arrendersi. «Nel contratto – dice il ministro Centinaio – non c’è scritto che la Tav non si farà. Dunque per decidere di non farla bisogna sedersi al tavolo e rivedere il contratto». Difficile immaginare minaccia più precisa.
IL PREMIER OFFRE in materia un’ennesima prova del suo virtuosismo nel destreggiarsi. Rassicura Di Maio: «Mettere in discussione l’analisi costi benefici? Ma non scherziamo». Lo scrive anche nel comunicato ufficiale, «l’analisi non può essere considerata di parte». A partire dalla suddetta, pertanto «il governo nelle prossime settimane formulerà una complessiva decisione politica non condizionata da posizioni preconcette». E’ un pezzo da maestro nell’arte del non dire: l’analisi c’è ed è seria, ma non pregiudica la scelta, che sarà «politica», e richiederà un mesetto.
La faccenda è a rischio di incidente fatale troppo alto e in realtà tutti, a questo punto, stanno cercando una strada per rinviare lo showdown a dopo le europee. Ma anche il rinvio è un rischio. Oggi il consiglio dei ministri dovrà probabilmente rinviare anche la definizione della bozza sulle autonomie: i 5S insistono per negare la competenza su infrastrutture e sanità, il veneto Zaia, spalleggiato dall’intera Lega, a rinunciare a quelle voci non ci pensa proprio e il Carroccio ha ingaggiato una guerriglia a base di emendamenti sul reddito di cittadinanza per far capire ai soci che lo scambio tra reddito e autonomie rafforzate non è trattabile. Ma tra un rinvio e l’altro c’è il rischio che i nodi diventino tanto aggrovigliati da non poter essere più sciolti.
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