Hong Kong, weekend di scontri. Pechino: «Sfida intollerabile»
La nuova normalità nell'ex colonia britannica Gas lacrimogeni, fiamme e arresti. Il Pcc: «Miglioreremo la selezione del chief executive». Il Partito comunista: «non tollereremo atti contrari al modello un paese, due sistemi»
La nuova normalità nell'ex colonia britannica Gas lacrimogeni, fiamme e arresti. Il Pcc: «Miglioreremo la selezione del chief executive». Il Partito comunista: «non tollereremo atti contrari al modello un paese, due sistemi»
Nuove manifestazioni a Hong Kong, nuovi scontri, incendiata la sede locale dell’agenzia di stampa cinese Xinhua, nuovi arresti, compresi alcuni dei candidati alle prossime elezioni locali.
SULLO SFONDO GLI AVVISI che sono arrivati dalla quarta sessione del comitato centrale del Partito comunista cinese, durante il quale i leader avrebbero discusso anche della complicata situazione dell’ex colonia britannica, sancendo la volontà di confermare la teoria di «un paese due sistemi» ma con la previsione di procedere, forse, a «migliorare la selezione del Chief executive di Hong Kong per una migliore integrazione. Oltre a questo, nel Plenum si sarebbe discusso anche su come garantire al meglio la «sicurezza nazionale» anche di fronte a quanto sta avvenendo.
Dopo il giovedì di Halloween, anche ieri le manifestazioni a Hong Kong, compresa quella dei candidati alle elezioni locali che dovrebbero tenersi il 24 novembre, è sfociata in scontri tra polizia e giovani mascherati (dozzine gli arrestati che vanno a sommarsi ai 2.800 in carcere dall’inizio delle proteste).
La sede della Xinhua è stata incendiata a dimostrazione di quanto le proteste nella città siano ormai piuttosto sganciate dalle rivendicazioni iniziali e siano tracimate in un generale sentimento «anti-cinese».
NON SI PARLA PIÙ E SOLO di suffragio universale e delle cinque richieste: sta prendendo piede ormai una rabbia che sembra voler alludere a istanze più vaste che mettono in gioco lo stesso «un paese due sistemi». Eppure ieri una delle manifestazioni era composta dai candidati alle prossime elezioni, animate dalla voglia di rivendicare i propri diritti all’interno del sistema stesso.
Nel frattempo un tribunale di Hong Kong – venerdì – aveva accolto una richiesta del governo, decidendo di vietare a chiunque di «divulgare, diffondere, pubblicare o ripubblicare» informazioni che «promuovono, incoraggiano o incitano all’uso o alla minaccia di violenza». Una decisione che arrivava quasi in contemporanea con le nuove linee stabilite dal partito comunista cinese per quanto riguarda «l’educazione patriottica».
E PROPRIO IL PCC, come accade da giugno quando sono iniziate le manifestazioni, è il convitato di pietra di queste manifestazioni. Da lunedì a giovedì scorso si è svolto il quarto plenum del comitato centrale.
Si tratta di un appuntamento rilevante che, come prima cosa, doveva vedere il confronto interno alla leadership sulla strada da proseguire in termini di riforme e confronto con gli Usa. Da quel poco che si sa di quanto detto all’interno delle stanze segrete del Pcc, Xi Jinping sembrerebbe avere ancora il totale controllo del partito. Ma alcune novità sono arrivate proprio su Hong Kong.
Durante la conferenza stampa al termine del Plenum, Shen Chunyao, direttore della Commissione su Hong Kong, Macao e la Basic Law, ha chiarito che Pechino «non tollererà mai atti che possano sfidare la linea di fondo del modello “un Paese, due sistemi” o le minacce alla sicurezza nazionale. Il miglioramento del modello è subordinato all’accettazione di “un paese”».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento