Hassan e Mustafa «ricomparsi» in prigione, raid contro gli operai nel Delta
Egitto A un mese dalle presidenziali la repressione di Stato si intensifica e arriva fino ai vertici militari con le prime epurazioni interne. Ma prosegue senza problemi il business con l'Europa: domenica al Cairo convegno tra aziende italiane ed egiziane nel settore del marmo
Egitto A un mese dalle presidenziali la repressione di Stato si intensifica e arriva fino ai vertici militari con le prime epurazioni interne. Ma prosegue senza problemi il business con l'Europa: domenica al Cairo convegno tra aziende italiane ed egiziane nel settore del marmo
È stato formalizzato l’arresto di Hassan al-Banna e Mustafa al-Aasar, i due giornalisti 25enni scomparsi il 3 febbraio al Cairo. Ora amici e famiglia possono tirare un sospiro di sollievo, dopo oltre due settimane passate senza avere alcuna notizia ufficiale.
Il luogo di detenzione resta sconosciuto, ma sabato sono stati interrogati dalla National Security in presenza del loro avvocato (che però non ha potuto parlare con loro in privato). I capi di imputazione sono gravi, gli stessi usati sistematicamente contro attivisti e difensori dei diritti umani: appartenenza a un’organizzazione illegale e diffusione di notizie false.
Oggi sono in totale trentuno i giornalisti in carcere in Egitto, mentre altri due sono scomparsi da mesi. E intanto si inasprisce il giro di vite contro gli oppositori in vista delle elezioni presidenziali di marzo.
Stavolta è toccata ad Abdel Moneim Aboul Fotouh, carismatico leader dell’opposizione democratica e a capo del partito Misr al-Qawiya arrestato mercoledì scorso. Aboul Fotouh, ex-membro dei Fratelli Musulmani fuoriuscito dal movimento islamista nel 2011, alle elezioni presidenziali del 2012 era arrivato quarto con oltre il 17%.
Le misure cautelari nei suoi confronti arrivano a pochi giorni da una serie di interviste rilasciate a Londra in cui Aboul Fotouh criticava aspramente la presidenza al-Sisi, accusato di governare il paese secondo la regola «o ti governo o ti uccido». In particolare, parlando su Al Jazeera ha definito le future elezioni presidenziali un «referendum dall’esito scontato», invitando la popolazione a boicottare le urne.
Ma la repressione non si limita alle forze di opposizione. Negli ultimi mesi il presidente, mostrandosi sempre più debole e paranoico, ha silurato prima il capo di Stato Maggiore delle forze armate e poi il capo dei servizi della General Intelligence. Secondo un’inchiesta del portale indipendente Mada Masr, che cita numerose fonti vicine a militari e diplomazie occidentali, la campagna presidenziale ha accelerato le purghe interne al regime.
La candidatura di due uomini del calibro di Ahmed Shafiq e Sami Anan aveva già segnalato la presenza di fratture e malumori in seno agli apparati di Stato. Lo stop alla loro corsa elettorale sarebbe stato accompagnato da una serie di inchieste interne contro funzionari della General Intelligence, considerati vicini ai due militari dissidenti. Secondo fonti governative, a breve c’è da aspettarsi altre epurazioni.
Nel frattempo è stato d’assedio in Sinai del Nord, dove l’esercito ha intensificato nell’ultima settimana la campagna di attacchi contro le milizie jihadiste, in quella che è stata definita la più vasta operazione militare da anni.
L’esercito snocciola dati che parlano di centinaia di terroristi arrestati e uccisi e tonnellate di esplosivi sequestrati e distrutti. Ma nell’assenza di giornalisti sul campo e con il coprifuoco imposto in molte zone, è impossibile verificare le notizie, mentre Amnesty International denuncia l’utilizzo di bombe a grappolo vietate dal diritto internazionale per i danni indiscriminati che causano alla popolazione civile.
Nonostante il pesante clima repressivo non si placano le proteste sociali. Nel Delta le forze di sicurezza sono intervenute duramente per intimidire i leader di uno sciopero in una fabbrica di porcellana in corso da oltre due settimane.
Secondo un comunicato diffuso dal movimento dei Socialisti Rivoluzionari, la polizia avrebbe fatto irruzione nelle case minacciando e picchiando alcuni operai e i loro familiari. Un lavoratore sarebbe in condizioni critiche dopo una caduta dal terzo piano avvenuta nel raid delle forze di sicurezza, mentre sarebbero circa venti i mandati di arresto emanati dal giudice in base alle denunce dell’azienda.
Alla base della protesta, le rivendicazioni per aumenti e bonus promessi e mai ottenuti, necessari per far fronte al carovita che strangola ceti medi e salariati.
Nulla intanto ferma gli affari tra Italia ed Egitto. L’Ansa riferisce di un convegno tenutosi domenica al Cairo tra alcune grandi imprese italiane e i principali attori industriali e istituzionali egiziani nel campo dell’estrazione e della lavorazione del marmo. L’incontro, organizzato dall’Ice-Italian Trade Agency e da Veronafiere, mirava a rafforzare il ruolo di spicco dell’Italia nel settore.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento