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Haiti in stato d’urgenza permanente

Haiti in stato d’urgenza permanenteLa Plaine, dintorni della capitale Port-au-Prince, 6 maggio 2022. La popolazione esasperata dalle violenze delle gang scende in strada a protestare – Ap/Odelyn Joseph

Di catastrofe in catastrofe Un Paese tra i più poveri e densamente popolati al mondo. Dove fame e malattie sono solo uno dei tanti modi per morire e l'escalation violenta delle gang che tiene in ostaggio la popolazione diventa anche un problema di salute pubblica per l'impatto rovinoso che ha sull'accesso alle cure.  Unitamente a corruzione, instabilità politica, governi falliti e disastri naturali. Prima e dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moïse. Unica salvezza, lo spirito del "kombit" creolo

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 8 giugno 2022
Federica IezziPORT-AU-PRINCE

Il traffico di Port-au-Prince è maledettamente disorganizzato come quello delle grandi città dei Paesi più poveri e dimenticati da Dio. Ma allo scattare della sirena di un mezzo di soccorso che taglia l’aria, l’ingorgo diventa improvvisamente mansueto. E tutti, in strada, piccoli e grandi, aiutano per permettere al mezzo di passare in spazi improbabili.

FRASI E SIMBOLI della religione cattolica sono impressi a fuoco sulle carrozzerie delle macchine, delle autocisterne di carburante, sui muri e sugli ingressi dei piccoli negozi.Per la carenza di carburante, affiora cronicamente in città il pericoloso spettro dell’arresto dei taxi comuni. Ormai unico mezzo che permette alla maggior parte della popolazione di spostarsi per lavorare, per andare a scuola o per raggiungere un ospedale. Di ogni forma e dai colori più sgargianti, sfrecciano nella polvere delle strade brecciate, con a bordo le più variegate coorti di persone. Dalle studentesse adolescenti in uniforme e con le mollettine bianche a fermare le treccine, alla donna incinta che deve correre in ospedale, ai ragazzi che cercano senza fortuna un lavoro. Conservano sempre la stessa espressione, senza mostrare alcun turbamento. Uno stato di urgenza quasi permanente nel quale vive il Paese. Inutile crudeltà della storia che molti hanno combattuto, ma molti altri hanno solo subito.

Anche prima dell’assassinio del presidente Jovenel Moïse, la violenza, in gran parte perpetrata da gruppi criminali finanziati da potenti élite di imprenditori e politici, l’insicurezza, la corruzione straripante e l’impunità giudiziaria avevano marchiato la vita sociale e l’economia di un Paese in cui la sopravvivenza di più della metà della popolazione è legata a meno di 2 dollari al giorno.

Il vuoto di potere del Paese si trasforma in una lotta modellata da: pretendenti al governo, passioni delle fazioni rivali, bande di strada e una crisi costituzionale in corso. E le stesse debolezze istituzionali incoraggiano un comportamento non democratico.

LA VIOLENZA È DIVENTATA un problema di salute pubblica ad Haiti per migliaia di persone che vivono in aree controllate o influenzate dalle gang, con un impatto rovinoso sull’accesso alle cure mediche. Le gang fanno parte del panorama politico haitiano da decenni, spesso schierate dai leader per raccogliere sostegno o reprimere l’opposizione.

L’escalation della violenza delle bande armate ha causato lo sfollamento interno di centinaia di famiglie che oggi sono costrette a vivere in condizioni di estrema vulnerabilità, principalmente nell’area metropolitana di Port-au-Prince, storicamente segnata dalle disuguaglianze economiche e sociali causate dalla globalizzazione.

 

Port-au-Prince. Haiti (foto di Federica Iezzi)

 

La difficoltà delle persone che vivono nei quartieri della capitale assediati di Cité Soleil, Carrefour, Croix-des-Bouquets, a soddisfare i propri bisogni vitali, è direttamente influenzata dalla privazione dei servizi di base, come salute, acqua, cibo, riparo. La fame e le malattie sono solo un altro modo di morire che si aggiunge a quelli che già travolgono la gente ogni giorno.

CON GLI ULTIMI SCONTRI ARMATI che stanno devastando la città, si teme che la vasta area di Croix-des-Bouquets, che collega la capitale all’altopiano centrale e al confine con la vicina Repubblica Dominicana, possa diventare la prossima terra di nessuno di Haiti dopo Martissant, il quartiere sud totalmente sotto il controllo di gang. Se Croix-des-Bouquets cadesse completamente nelle mani delle bande armate, lascerebbe Port-au-Prince con un solo accesso, quello settentrionale.

Strade bloccate, mancanza di trasporti, mancanza di soldi per pagare le spese sanitarie: rimangono queste le sfide maggiori per l’accesso alle cure. E per chi le vince, a causa delle zone sempre più ampie in mano alle gang, per raggiungere alcuni quartieri di Port-au-Prince si è costretti a circumnavigare la città. La mostruosità che cambia la vita.

Gli indicatori sanitari e sociali riflettono l’instabilità politica e la profonda crisi economica subita dal Paese. Con una popolazione di oltre 9 milioni di abitanti, di cui l’80% vive al di sotto della soglia di povertà, Haiti è uno dei Paesi più densamente popolati e più poveri dell’emisfero occidentale.

L’ALTO TASSO DI MORTALITÀ è il risultato della diffusa povertà, delle scarse infrastrutture sanitarie e della mancanza di assistenza sanitaria accessibile. Nel 2022, almeno 4,9 milioni di haitiani avranno bisogno di assistenza umanitaria. L’agitazione politica, le tensioni sociali, il diffuso senso di insicurezza hanno contribuito a ridurre la capacità delle famiglie di soddisfare i propri bisogni e di accedere ai servizi essenziali.

L’istantanea di Haiti come stato in perenne bisogno è un correttivo all’idea di stato fallito. Non si tratta solo di aiuti in sé, ma di interferenze e interventi stranieri, in un continuo barcollare di catastrofe in catastrofe, tra golpe, governi falliti e disastri naturali. I governi recenti sono stati in gran parte lontani dalla condizione di povertà degli haitiani, nominati all’interno della stessa casta ristretta di oligarchi, politicamente collegati alle potenze straniere, che hanno perseguito la stabilità a breve termine rispetto alla sostenibilità a lungo termine.

«On l’a dans les yeux, la peau, les mains» (Ce l’abbiamo negli occhi, nella pelle, nelle mani). Cosi Jacques Roumain portava il mondo dentro le case di Haiti. Oggi si vendono caricabatterie per telefoni a ogni angolo di Port-au-Prince. E per rafforzare il concetto che trattasi di oggetto sacro, la gente i caricabatterie li porta al collo come fossero un ciondolo.

LA RESILIENZA, LA RESISTENZA, l’aiuto tra vicini, amici e parenti che si riassumono nel concetto del kombit creolo, fanno annegare gli occhi in una disperazione che ha i suoi traffici. La vita della strada, fatta di odori e puzze, di voci e grida, sotto il sole che cuoce la pelle. E d’improvviso le strade deserte si animano e compare l’immagine di una bambina, con un vestitino intero e infradito colorate, che si lava i piedi sotto le perdite d’acqua di un’autocisterna delle Nazioni unite. Si può leggere tutta la sua purezza d’animo. Qui si diventa grandi anche da piccoli.

Foto di Federica Iezzi

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