Il giudizio finale sul Vertice delle Americhe conclusosi a Los Angeles il 10 luglio lo ha dato il ministro degli esteri messicano Marcelo Ebrard: «Venti paesi partecipanti hanno protestato – contro la politica unilaterale del presidente Joe Biden di escludere Cuba, Venezuela e Nicaragua – due hanno difeso gli Usa, 6 non hanno detto nulla».

TRA I SEI PAESI silenti vi è Haiti. Pochi giorni prima del vertice – e dopo un anno di inchieste e consultazione di documenti «in tre continenti» – il New York Times ha spiegato le ragioni di tale sottomissione.

Haiti è stata la prima nazione del mondo moderno nata da una rivolta degli schiavi: nel 1804 i neri haitiani sconfissero i colonialisti francesi e l’armata di Napoleone e dichiararono l’indipendenza. Si trattava delle seconda repubblica più antica, dopo gli Usa, dell’emisfero occidentale. Una “colpa” di cui ancora Haiti paga le conseguenze.

NEL 1825 re Carlo X di Francia inviò le cannoniere per imporre al popolo che aveva schiavizzato di pagare i danni della guerra che gli schiavisti avevano perso: 120 milioni di franchi in oro, da versare in cinque rate. Molto di più di quanto Haiti potesse permettersi. Per questo Parigi impose che il governo haitiano chiedesse prestiti a una serie di banche francesi. Ne seguì quello che il Ny Times definisce il doppio debito, nei confronti dello Stato e delle banche francesi. Il totale finito di pagare da Haiti dopo ben 122 anni, secondo il quotidiano americano, fu di 560 milioni di dollari attuali. Ma i danni di tale doppio debito, che comportò l’impossibilità di finanziare programmi di sviluppo, calcolati assieme a economisti francesi, furono «tra i 21 e 115 miliardi di dollari». «Otto volte il volume dell’intera economia del paese nel 2020». Haiti divenne quello che è ancora due secoli dopo l’indipendenza: uno stato in fallimento.

MA IL SACCHEGGIO francese fu possibile solo con l’appoggio militante degli Stati uniti, la nascente potenza delle Americhe. L’indipendenza di Haiti metteva in pericolo l’economia schiavista degli Stati del sud degli Usa. I documenti declassificati consultati dal Ny Times dimostrano che nel 1826 il senatore Robert Hayne della Carolina del Sud tuonava nel Congresso: «La nostra politica con rispetto a Haiti è chiara, mai potremo riconoscere la sua indipendenza». Mano libera alla Francia per attuare quello che l’economista francese Thomas Piketty definisce «neocolonialismo per debito».
Ma nel 1914, quando gli Usa già sono una potenza mondiale, decidono che di prendere loro il controllo di Haiti, per «evitare il caos finanziario e politico». «Wall Street chiama i marines rispondono», scrive Ny Times.

LE TRUPPE AMERICANE sbarcano a Port-au-Prince. A fucili spianati, ritirano i fondi della Banca nazionale di Haiti e ne abbattono il presidente, imponendo «governanti marionette per i seguenti 19 anni». Una foto pubblicata dal Ny Times mostra i marines che trasportano lingotti d’oro (valore «500.000 dollari») dalla Banca centrale a un’imbarcazione nordamericana. Tre giorni dopo i lingotti sono già in un caveau di Wall Street.

Il segretario di Stato di allora, Robert Lansing, definisce l’occupazione come «una missione civilizzatrice» perché «la razza africana manca di ogni capacità di organizzazione politica». Il banchiere Roger Farnham si incarica di modificare il sistema finanziario haitiano, «assicurando esenzioni fiscali alle imprese statunitensi e garantendo il pagamento dei debiti esterni a Wall Street». I lavoratori haitiani diventano moderni schiavi. Un quarto di tutti i redditi di Haiti furono destinati per più di dieci anni a pagare alla National City Bank i debiti «dell’aiuto dato dal governo degli Usa».

«HO AIUTATO A FAR SÌ che Cuba e Haiti fossero un luogo tale che i ragazzi della National City Bank (oggi Citibank) raccogliessere buoni guadagni», scrive nel 1935 il generale Smedley Butler, leader della forza militare statunitense che occupava Haiti. Grazie al controllo del debito di Haiti i banchieri della City «ottennero i più alti margini di guadagno» (Commissione finanze del Senato Usa, 1932).

SCRIVE IL NYTIMES: Nel 2003 l’allora presidente Jean-Bertrand Aristide sorprese gli haitiani nel denunciare il debito imposto dalla Francia che esigeva le riparazioni di guerra (…). Parigi rapidamente tentò di discreditarlo (…). Nel 2004 Aristide fu messo a forza in un aereo in una espulsione (ovvero un golpe) organizzata dagli Stati uniti e dalla Francia (…) per stabilizzare la situazione a Haiti».

A seguito dell’inchiesta del Ny Times, la banca francese Crédit Mutuel, erede del Credit Industriel Commercial accusato di aver depredato le finanze haitiane, ha aperto un’indagaine per verificare l’esattezza dei dati pubblicati dal quotidiano nordamericano.

CITIBANK, NEMMENO ci pensa. E nemmeno l’amministrazione Biden molla la presa su Haiti. A Los Angeles il premier (mai eletto) Ariel Henry, che governa dal luglio 2021 quando il presidente eletto Jovenel Moïse fu assassinato da paramilitari colombiani contrattati dalla Counter Terrorist Unit Federal Academy con base a Miami, informava, assieme all’ambasciatrice statunitense all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, che ad Haiti non vi saranno elezioni fino a che «le condizioni non lo permettano». Nessun dubbio su chi deciderà quando.