Francisco Tario, tutto l’arsenale del fantastico
Scrittori messicani «La settimana scarlatta e altri racconti infestati», da Safarà
Scrittori messicani «La settimana scarlatta e altri racconti infestati», da Safarà
Tutta la narrativa breve del messicano Francisco Tario – le cui storie bizzarre e dalla scrittura impeccabile affascinano per le loro atmosfere opprimenti, spesso sature di ironia, dove personaggi singolari incontrano esseri e vivono fatti in grado di mettere in discussione la logica che ci governa – è ormai a disposizione dei lettori italiani: dalla prima raccolta, La notte (Edizioni degli Animali, 2022), che indaga uno spazio-tempo notturno in cui gli oggetti prendono vita, parlano e si muovono, alla seconda, apparsa dieci anni dopo con il titolo Tapioca Inn. La mansión de los fantasmas, oggi in italiano – La settimana scarlatta e altri racconti infestati (traduzione di Raul Schenardi, Safarà, pp. 270, € 19,50) dove si accentua lo humour nero e si moltiplicano i riferimenti intertestuali, elementi che troveranno poi la loro migliore espressione in Fra le tue dita gelate (Safarà Edizioni, 2022).
L’arsenale del fantastico al completo traversa la raccolta, dove il racconto da cui viene il titolo «La settimana scarlatta» riprende il tema del sogno e dello sdoppiamento dell’Io, mentre «La polka dei Pretini» racconta il transito dalla vita alla morte, in entrambe le direzioni. In «Aureola o alveolo» e nel «Mare, la luna e i banchieri» si vedono agire sorprendenti fantasmi; mentre in «Ciclopropano» ci si muove sul confine incerto tra corpo e psiche.
I fantasmi che fanno da fili conduttori sono topoi non soltanto non più identificati con gli spettri che infestano i castelli, ma che abitano spazi più quotidiani: una donna si converte alla loro realisticità dopo aver letto un libro, con conseguenze comicamente catastrofiche; una nave fantasma smaterializza i suoi passeggeri; un vecchietto nato nel 1750 parla in una intervista duecento anni più tardi.
Sono esseri inanimati dotati di una sorprendente vitalità, e allo stesso tempo sono figure di fantasie, paure, ossessioni che diventano reali passando attraverso il sogno, come nel lungo racconto che dà il titolo alla traduzione italiana. La storia si svolge in una città sconvolta da una serie di crimini terribili e inspiegabili, compiuti da un assassino i cui metodi sfidano gli investigatori.
L’apparente struttura poliziesca viene a un certo punto distorta dalla rivelazione che quei delitti sono materializzazioni dell’inconscio di un personaggio, che sogna di uccidere e al suo risveglio scopre che le sue vittime oniriche sono morte davvero. Recuperato il tema del doppio, Tario lo inscrive nel genere poliziesco – legato all’aspirazione a ricostruire una «verità» – per sovvertirlo, tramite (anche) numerosi riferimenti intertestuali, una rete di significati che scardinano l’idea di realtà naturale, ordinata e razionale. Il soggetto narrante, mostro nell’antico significato di «portento», consente di cogliere e nominare l’incomprensibile: ciò che era stato represso reclama il suo posto, e si impone contro la volontà di una parte dell’Io.
A differenza di quanto accade in altre modalità del fantastico, qui non c’è spazio per il dubbio: i lettori e i personaggi sono certi che un evento abbia stravolto la realtà, con conseguenze terribili, ed è proprio quella violenza a sfidare la ragione: è la manifestazione di una realtà atroce a fronteggiare ciò che accettiamo come possibile, come affermava lo stesso Tario: «Scrivere letteratura fantastica significa cercare di scoprire nell’uomo la capacità che ha di essere favoloso o immensamente grottesco. Far sembrare plausibile l’improbabile, questo è il compito, e maggiore è la semplicità e l’audacia, maggiore è il merito».
Tutto si gioca allora nello sguardo di un soggetto che, quando riconosce l’alterità come fantasma o come mostro, inizia a chiedersi se questo non sia che un riflesso di sé, e se quella storia assurda non riveli una dimensione profonda, in cui il proprio Io può diventare motivo di orrore oltre che di fascinazione.
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