Internazionale

Guerriglia narcos a Culiacán: 29 vittime

Guerriglia narcos a Culiacán: 29 vittimeCuliacan (Messico), la polizia arriva davanti a un negozio saccheggiato dopo l’arresto di Ovidio Guzmán – Ap/Martin Urista

Messico La città sotto assedio dal cartello di Sinaloa dopo l’arresto del figlio di El Chapo Guzmán. Joe Biden è atteso nel paese tra pochi giorni. Su El Ratón pende una richiesta di estradizione Usa

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 7 gennaio 2023

Culiacanazo. Da giovedì questo termine, dopo due anni, è tornato familiare per i messicani: era stato coniato dai media il 19 ottobre 2019, quando Obrador ordinò di liberare il criminale Ovidio Guzmán López per fermare la guerriglia scoppiata a Culiacán, capitale dello stato di Sinaloa, a seguito del suo arresto.

Il 5 gennaio, a pochi giorni dall’arrivo in Messico del presidente Usa Joe Biden, Guzmán López è stato nuovamente arrestato, facendo riesplodere le violenze: il bilancio è di 29 morti – 19 criminali e 10 militari – e 22 arresti tra i membri del Cártel de Sinaloa.

Tra questi, spicca proprio Ovidio Guzmán López, alias El Ratón che prima di assumere questo soprannome era noto come El Bebé. Il motivo: è il figlio di seconde nozze di Joaquín El Chapo Guzmán, il narcotrafficante più famoso al mondo, attualmente detenuto all’interno del supercarcere di Adx Florence, in Colorado (Usa).

TUTTO È INIZIATO all’alba di giovedì quando le forze speciali hanno arrestato il trentaduenne nel suo appartamento, nel quartiere Jesús María. Le immagini amatoriali che circolano in rete, riprese dai tg messicani e da lì trasmesse in quelli di tutto il mondo, mostrano uno scenario di guerra: strade bloccate da veicoli incendiati, cadaveri lungo le carreggiate, crateri aperti sull’asfalto da esplosioni. È il risultato della battaglia che per dodici ore è stata combattuta non solo a Culiacán ma anche nelle altre città controllate dal Cártel de Sinaloa, Escuinapa a sud e Guamúchil e Guasave a nord.

Secondo gli analisti messicani i blocchi stradali in città distanti anche duecento chilometri dalla capitale – in tutto ne sono stati contati 19 – erano a «protezione» di due snodi fondamentali per il gruppo criminale: Los Mochis a nord per la presenza della stazione ferroviaria da cui partono i treni verso il confine con gli Usa, e Mazatlán a sud per il suo porto.

Non appena appresa la notizia dell’arresto del figlio del Chapo, i soldati del Cártel de Sinaloa hanno imbracciato le armi e sono scesi in strada a bordo di jeep trasformate in veri e propri blindati. L’obiettivo era replicare quanto avvenuto il 19 ottobre 2019. Immediatamente le autorità statali e municipali hanno diramato l’allerta, invitando la popolazione a rimanere in casa.

Il primo scontro a fuoco si è registrato alle 4.30 di mattina – ora locale – e già alle 5 i primi elicotteri hanno iniziato a sorvolare la città: in quel momento Culiacán ha capito che avevano arrestato Ovidio Guzmán. Un’ora dopo è iniziata la guerriglia: puntando le armi, i membri del Cártel hanno costretto gli automobilisti a lasciare in strada le proprie auto, che sono state date alle fiamme per bloccare la circolazione intorno alla Zona militare della città, a pochi chilometri dal centro, e alla periferia nord.

CON LE PRIME LUCI del giorno, un commando armato ha quindi raggiunto l’aeroporto e ha iniziato ad aprire il fuoco contro i due aerei presenti sulla pista: un volo di linea – con i passeggeri già a bordo costretti a gettarsi tra i sedili per non essere colpiti – e un volo militare, sul quale si pensava potesse esserci il figlio del Chapo, che è comunque riuscito a decollare.

La presenza a bordo di Ovidio Guzmán non è però mai stata confermata e attualmente non è stato comunicato come sia stato trasferito a Città del Messico e da lì, a bordo di un elicottero, nel carcere federale di massima sicurezza di Altiplano, ad Almoloya de Juárez, lo stesso carcere che il padre trasformò nel suo covo durante la sua detenzione iniziata nel giugno del 1993 e terminata con una clamorosa evasione nel gennaio del 2001.

Su Ovidio Guzmán pende una richiesta di estradizione del governo statunitense, fatta dall’esecutivo Trump, ma il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrard, ha preso tempo, spiegando che «prima dovrà essere processato qui, in Messico».

ALCUNI MEDIA messicani hanno sottolineato la “coincidenza” dell’arresto del protagonista del Culiacanazo con la visita ufficiale, prevista all’inizio della prossima settimana, di Joe Biden, e diverse fonti parlano addirittura di truppe americane coinvolte nell’operazione.

Una «illazione priva di fondamento», ha dichiarato il presidente Obrador negando qualsiasi ingerenza Usa nell’arresto del figlio del Chapo.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento