Internazionale

Guerra senza soluzioni in Sudan. Violenze «spaventose» e negoziati fallimentari

Guerra senza soluzioni in Sudan. Violenze «spaventose» e negoziati fallimentariClementine Nkweta-Salami, coordinatrice umanitaria dell'Onu per il Sudan, durante il suo report – Ap

6 milioni i profughi Khartoum e Darfur a ferro e fuoco, sanità al collasso. E anche Emergency è in difficoltà

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 12 novembre 2023

La guerra civile tra esercito sudanese e Rapid support forces (Rsf) sul campo «sta rasentando il male assoluto» ha detto venerdì Clementine Nkweta-Salami, coordinatrice umanitaria dell’Onu per il Sudan. I combattimenti continuano a Khartoum e nel Darfur, dove le violenze contro i civili ricordano le atrocità di 20 anni fa. «Continuiamo a ricevere segnalazioni spaventose di violenze sessuali, sparizioni, detenzioni arbitrarie e gravi violazioni dei diritti umani e dei bambini» ha detto Nkweta-Salami, che sottolinea come nel Darfur siano sempre più frequenti le persecuzioni su base etnica, specie nei confronti della minoranza non araba dei Massalit.

Il numero degli sfollati non smette di salire: ad oggi più di 6 milioni di civili sono rifugiati interni o nei paesi confinanti. Giovedì l’Onu ha posto in luce il crescente flusso verso il Sud Sudan, «aumentato del 50% da settembre a ottobre» ha detto il portavoce del Segretario generale delle Nazioni unite. Persone che si aggiungono ai 366mila profughi già presenti nel giovane stato africano. Anche Ciad ed Etiopia registrano un incremento degli arrivi. In Ciad vengono segnalate uccisioni «per motivi etnici»,; in Etiopia la situazione rimane complicata dati gli scontri locali.

Il sistema sanitario, già in difficoltà prima dello scoppio della guerra civile ad aprile, oggi è «praticamente inesistente» dice al manifesto Pietro Parrino, direttore del dipartimento delle missioni sul campo di Emergency. «Le strutture sanitarie più importanti del paese, o quantomeno quelle che funzionavano erano a Khartoum e oggi sono tutte ferme». Nella capitale sudanese la ong italiana ha due strutture, ma «le ammissioni sono state chiuse, data l’impossibilità di far arrivare medicine e materiali. Il reparto traumatologico è stato chiuso anche perché le autorità sudanesi ci stanno dicendo che non vogliono avere un centro del genere in una zona sotto il controllo delle Rsf» dice Parrino.

Ma se nella capitale le strutture di Emergency «non sono state oggetto né di attacchi diretti né di saccheggi», lo stesso non si può dire per il centro pediatrico di Nyala in Darfur, che il 25 ottobre è stato saccheggiato e tutto il personale locale arrestato. «Il personale è stato rilasciato e l’ospedale oggi è completamente pulito e riordinato. I danni subiti dalla struttura non ci permettono di riaprirla a breve, ma vogliamo farlo il prima possibile».

Con i combattimenti in corso e le difficoltà di movimento che ne conseguono poi «anche una malattia che presa in tempo poteva essere curata degenera diventando incurabile». Anche per questo Emergency ha trovato un accordo con l’autorità sudanese affinché vengano aperte 5 cliniche nei dintorni di Khartoum «per garantire le cure ai nostri pazienti» dice Parrino.

Sul piano politico l’ennesimo incontro tra le parti in conflitto, tenutosi questa settimana a Jeddah, non ha portato a un accordo di cessate il fuoco. Il fallimento di questi ultimi colloqui, guidati dall’Arabia Saudita, dagli Usa e dal blocco regionale Intergovernmental Authority on Development (Igad), non lascia ben sperare che le parti trovino presto un accordo di pace.

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