I porti ucraini chiuderanno di nuovo. È quanto si apprende in serata dopo che Onu, Turchia e Ucraina hanno deciso di adeguarsi alla decisione russa di sospendere l’accordo sul grano di Istanbul firmato, insieme ai rappresentanti del Cremlino, lo scorso 22 luglio.

«Le delegazioni ucraina, turca e delle Nazioni unite hanno concordato di non pianificare alcun movimento di navi nell’ambito dell’Iniziativa dei cereali del Mar Nero per il 2 novembre» riporta il segretariato dell’Onu presso il Centro di coordinamento congiunto in Turchia.

Tale dichiarazione giunge a 4 giorni dall’annuncio di Mosca di ritirarsi dall’accordo in seguito agli attacchi alla base della marina di Sebastopoli condotti, secondo la leadership del Cremlino, dalle forze armate di Kiev.

IERI È INTERVENUTO anche il presidente Putin a confermare che i bombardamenti russi di lunedì sono stati una rappresaglia aggiungendo, tra l’altro, che «non è tutto ciò che potremmo fare».

Gli ucraini, dal canto loro hanno sempre negato il loro coinvolgimento e continuano a sostenere che le esplosioni siano state causate da un errore di manutenzione da parte dei russi stessi.

Tuttavia, come riporta il Kyiv Independent il ministero delle Infrastrutture ucraino ha riferito che, nonostante la decisione di Mosca, negli ultimi due giorni 17 navi hanno attraversato il corridoio in entrambe le direzioni. Due di esse sono arrivate nei porti ucraini per il carico. Tre navi, cariche di 85mila tonnellate di prodotti agricoli, sono partite ieri per i Paesi africani ed europei.

IL SEGRETARIATO DELL’ONU presso il Centro di coordinamento congiunto di Istanbul ha dichiarato di aver effettuato 36 ispezioni a bordo delle navi in partenza, definendole «una misura temporanea e straordinaria».

L’accordo, che sarebbe dovuto terminare il 19 novembre, sarà invece interrotto da oggi e le oltre 9 milioni di tonnellate di cereali ucraini esportate finora potrebbero essere le ultime ad aver superato lo stretto del Bosforo e a proseguire verso il Mediterraneo.

Tuttavia, secondo l’agenzia russa Tass, Putin oggi ha detto al telefono al suo omologo turco Erdogan che la Russia potrebbe rientrare nell’intesa se «Kiev fornirà garanzie di sicurezza sul corridoio del grano».

Intanto, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, ha dichiarato che il 31 ottobre gli ispettori dell’agenzia hanno iniziato le operazioni di investigazione in due centrali nucleari ucraine nell’ambito delle indagini sulla «bomba sporca» evocata dai russi.

Di contro, la scorsa settimana, il ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, aveva dichiarato che le accuse di Mosca sull’eventualità di un attacco ucraino con un ordigno ad alto potenziale radioattivo sono «parte di una campagna di disinformazione finalizzata a creare un pretesto per un’operazione sotto mentite spoglie».

GROSSI HA ANCHE DICHIARATO che la centrale nucleare di Zaporizhzhia al momento è di nuovo in una situazione di pericolo in quanto una mina ha interrotto il collegamento di alimentazione principale a uno dei reattori, il che «sottolinea la fragile situazione di sicurezza e protezione nucleare dell’impianto durante l’attuale conflitto militare».

Tuttavia, dal punto di vista del pericolo atomico, in serata fonti russe sono tornate a minacciare l’Occidente di ripercussioni. Il solito Dmitry Medvedev, vice-presidente del Consiglio di sicurezza russo, ha scritto sul suo canale Telegram che se l’Occidente vuole che sia l’Ucraina a vincere la guerra e se l’obiettivo di Kiev è riprendere tutti i territori che in precedenza le appartenevano e quindi «strapparli alla Russia, minacciandone l’esistenza come Stato», scatterebbe «la clausola 19 dei Fondamenti della politica statale russa per ciò che concerne la deterrenza nucleare». «L’Occidente sta provocando una guerra globale» ha concluso Medvedev, «l’unica garanzia di pace possibile è la vittoria della Russia».