Berlino, fermata del tram ad Alexanderplatz

Nove euro per 90 giorni, la rivoluzione tedesca del trasporto pubblico

Nominato il governo Borne per affrontare la battaglia delle legislative

Sinistra francese, le trentatré sfumature della Nupes

Nucleare, fossili e pannelli solari, il cocktail ambiguo di Bruxelles

Vaccini, arrivederci in autunno (forse)

Stoccolma, manifestazione contro l’adesione alla Nato davanti al parlamento svedese

L’addio sofferto di Stoccolma alla neutralità

Atene? Fuori dall’eurozona. La pensa così la maggioranza dei tedeschi più che favorevole a premere, e subito, il tasto Grexit.
Da giorni campeggia, non solo sulla stampa irregimentata, l’inequivocabile sondaggio di Yougov: il 58% è a favore dell’uscita dalla divisa unica dello «Stato in bancarotta», il 14% non si esprime o non ha alcuna idea a riguardo, mentre solo il 28% degli intervistati vota per la permanenza della Grecia nell’unione monetaria.
Fin qui i desiderata, perché nel campo della fattibilità l’estrema ratio appare assai più complicata: a credere che sia davvero possibile mettere alla porta dell’Europa il governo di Tsipras & Varoufakis è meno della metà dei tedeschi (49%) con buona pace di chi crede che la «tragedia greca» sia ai titoli di coda. 
Vox populi, da prendere con le pinze, in un Paese sempre più spaventato (da Pegida ai migranti) e ossessionato dall’imperativo categorico del «deficit-zero» nei bilanci pubblici. Ma anche cartina di tornasole che restituisce l’impraticabilità «politica» di misure alternative all’austerità imposta al Sud dell’Europa. A Berlino, i conti si fanno solo con la calcolatrice, anche se i risultati non sempre combaciano. 
Peter Bofinger, esperto del Consiglio consultivo del governo Merkel, ha analizzato le conseguenze della Grexit tranquillizzando i tedeschi: «Nel breve periodo il ritiro di Atene dall’eurozona non avrà grande impatto né per la Germania, né per l’economia globale» ha spiegato sulle colonne della Passauer Neuen Presse.
Di segno opposto i segnali che provengono dal Kieler Instituts für Weltwirtschaft (tra i quattro think-tank dell’economia più influenti al mondo) che avvertono della pericolosità del gioco al massacro della Grecia. Secondo il presidente Dennis Snower, l’uscita di Atene dall’euro avrebbe seguiti destabilizzanti non solo per il vecchio continente. «Un’eventuale Grexit sarebbe piena di rischi e le conseguenze politiche a malapena stimabili» spiega l’economista americano.
Tutto mentre il «dramma ellenico» va in scena anche in televisione. Il 15 giugno sugli schermi dell’emittente Ard nel talk show condotto da Günther Jauch (il più popolare anchorman della Germania) è apparso Martin Schulz visibilmente teso, irritato e preoccupato per l’«escalation».
Al «conto alla rovescia sulla Grexit» il presidente dell’Europarlamento ha ribattuto cercando di riportare il problema entro confini della realtà. «Nella vita privata si potrebbe finalmente dire: “Ora basta”, ma in politica ci vuole responsabilità» ha evidenziato l’esponente dell’Spd che ha lanciato un appello anche a Tsipras.
In compenso, a proposito di realtà, pochi in Germania sembrano aver appreso la lezione del «doppio standard» smascherato dal settimanale Zeit già all’inizio del mese di negoziato fra Atene e Bruxelles.
Il governo rosso-nero impone tagli e risparmi (dopo aver salvato i crediti delle banche tedesche…); ma è assai più elastico quando le spese di Atene riguardano il made in Germany, specie se dipinto di verde oliva.
È il caso dei carri armati, obici, e cannoni pesanti, surplus delle forze armate tedesche «girati» alla Grecia per ammodernare il proprio esercito. Materiale di scarto, obsoleto, appena operativo che i greci aggiorneranno a loro spese.
Finora il conto fra 223 semoventi M109, i carri armati Leopard 1 e 2, e altri giocattoli per fare la guerra è di 133 milioni di euro, senza contare le munizioni prodotte da gruppo tedesco Rheinmetall.
Ufficialmente si tratta di «mutua assistenza» della Bundesweher a un esercito alleato della Nato, che comprende anche i missili teleguidati Iris-T e i sottomarini della classe 214.
Ecco: nessuno a Berlino sembra aver voglia, davvero, di guardare attraverso questo genere di periscopio…

Grexit, rischio incalcolabile anche per i tedeschi

Grecia

Addio a Vangelis, la musica del paradiso

Si è chiuso il terzo congresso del partito che punta a essere più esteso, meno ideologico e più politico. La conferma di Tsipras alla presidenza è attesa per il 15 maggio

Syriza riparte con un nuovo progetto

Il terzo congresso in corso ad Atene. Tsipras punta alle elezioni (probabilmente anticipate dal fallimento della destra) per tornare al governo insieme al Pasok