La conferenza stampa della giuria internazionale, quest’anno guidata da Greta Gerwig, conferma la linea del direttore del festival Thierry Frémaux: minimizzare le polemiche. Rispetto alla nuova ondata del MeToo francese, e il rumor secondo cui nei prossimi giorni ci saranno prese di parola se non denunce nei confronti di autori abusanti presenti a Cannes, la regista statunitense non entra nello specifico: «Credo che le persone della comunità del cinema stiano raccontando le loro storie per far cambiare questo mondo in meglio. Ho visto già questo cambiamento nella comunità cinematografica americana e credo sia importante continuare ad avviare queste conversazioni. Tutto si sta muovendo nella giusta direzione, non è una destinazione da raggiungere ma un discorso in evoluzione. Una delle conquiste negli Usa è stato l’intimacy coordinator sui set, che fa parte della costruzione di un ambiente sicuro».

Sulla specificità del fenomeno in Francia ha poi aggiunto l’attore Omar Sy: «Forse è arrivato un po’ tardi, ma è un buon segno che oggi sempre più donne abbiano il coraggio parlare. Credo non si tratti solo del cinema ma di tutta la società». Un’opinione, quest’ultima, condivisa dal regista spagnolo Juan Antonio Bayona: «Il cinema riflette ciò che accade nella società, ma noi siamo qui per concentrarci sui film».

PIÙ FORTI le parole di Jasmine Trinca che, in procinto di partire per Cannes dove presenterà la serie L’arte della gioia diretta da Valeria Golino, ha raccontato a Vanity Fair di aver subito molestie da giovane: «Non si tratta di mele marce, non si tratta di maniaci: parliamo di un sistema di potere, del prodotto di una cultura».
Greta Gerwig ha poi dato il suo appoggio ai lavoratori e alle lavoratrici precarie del festival che minacciano lo sciopero, auspicando un accordo che accontenti entrambe le parti: «È molto importante che chi lavora abbia le giuste coperture previdenziali e dei salari dignitosi».

Anche Pierfrancesco Favino, parte della giuria di quest’anno, è piuttosto generico quando sollecitato sulla situazione mondiale e sul conflitto a Gaza in particolare: «Credo ancora che una delle cose più pacifiche che possiamo fare è cercare la bellezza. I film possono parlare alla gente e per questo credo di poter essere qui come essere umano senza sentirmi colpevole».
Gerwig risponde infine ad una domanda sulla scarsa presenza femminile nella selezione così: «Sono orgogliosa di guidare questa giuria sulle orme di Jane Campion. Lavoro nel cinema da vent’anni e il numero di registe donne è qualcosa che sta migliorando solo ultimamente, è un processo ancora in corso e spero continuerà. Il cinema, in sé, è un’arte lenta: dalla concezione alla visione di un film passano anni, in questo spazio di manifesta una forma di pensiero».