Greta e l’ipocrisia degli italiani
Ero a piazza del Popolo a pedalare per dare energia al palco a dinamo del Friday for future romano, quello con Greta Thunberg, quando alzo gli occhi verso la terrazza […]
Ero a piazza del Popolo a pedalare per dare energia al palco a dinamo del Friday for future romano, quello con Greta Thunberg, quando alzo gli occhi verso la terrazza […]
Ero a piazza del Popolo a pedalare per dare energia al palco a dinamo del Friday for future romano, quello con Greta Thunberg, quando alzo gli occhi verso la terrazza del Pincio e vedo un gruppo di persone con uno striscione rivolto alla piazza: «Ipocriti», e poi qualcosa sotto che né io né altri siamo riusciti a leggere.
Sicuramente una provocazione alla Feltri, quindi da mettere nell’umido.
Però, però. Pur quasi certamente proveniente, in questo caso, da omuncoli graziati dalla democrazia e quindi con pensieri opposti al mio, il concetto di ipocrisia gira da tempo nella mia testa e in quella dei molti che appoggiano incondizionatamente il baby rising scatenato da Greta; e nella stessa ragazzina svedese («mica stiamo facendo questo per farvi fare i selfie»). Non so in altri paesi, ma in quello in cui vivo la cosa è parecchio evidente ai miei occhi. Per esempio: trovo sconcertanti un paio di sondaggi di diversa estrazione che, nei giorni in cui Greta era in Italia, mostravano delle percentuali enormi di appoggio alla lotta dei meravigliosi ragazzini. Il primo, di Change.org, era generico: si chiedeva agli utenti della piattaforma quali fossero le priorità per l’Italia in qualsiasi settore: se il primo (87%) era lo stop all’invasione delle grandi aziende, il secondo (73%) era lo stop al cambiamento climatico.
Il secondo, più scientifico e complesso, era stato commissionato dalla European climate foundation alla Ipsos Mori e diretto a 11 paesi europei. Si chiedeva, in vista delle europee, quanto fosse importante il fattore ambientale per gli elettori e quali fossero le priorità: per l’Italia le percentuali maggiori, tra 84 e 85%, hanno indicato come prioritari «protenzione dell’ambiente, degli animali e della natura», «riduzione dell’inquinamento atmosferico», «abbattimento del global warming», «agricoltura sostenibile».
Sono percentuali smodate, enormi. E, paradossalmente, praticamente identiche a un’altra di cui parlo spesso: il numero di veicoli circolanti in Italia, escluso i ciclomotori, è di 0,84 a persona; ovvero l’84%. Straordinario, vero? Quasi paradossale, da diagnosi di schizofrenia vera se non sapessimo che nei sondaggi, soprattutto sui temi etico-ambientali, ognuno in realtà mente.
Ed è quello che il mondo degli adulti, dei responsabili, sta facendo con una palese faccia tosta verso i ragazzini del Friday for future, e che infatti i manifestanti di Extinction Rebellion, un po’ più scafati, hanno capito perfettamente.
A dire il vero l’hanno capito anche Greta e quelli a cui ha dato occasione di prendere la parola in pubblico, lo hanno capito gli adulti – pochi – che hanno fatto scelte conseguenti alla propria convinzione ambientalista, lo sanno benissimo tutti gli altri.
È un minuetto sotto gli occhi di tutti, in cui il livello dello scontro è neanche troppo sotterraneo. I ragazzi ci stanno dicendo «sappiamo benissimo che fate schifo e non state facendo niente per il vostro porco comodo, però ve lo diciamo in faccia e vogliamo vedere i vostri occhi quando mentite». Almeno questo. Delle pacche sulle spalle, come ha detto chiaramente la ragazzina svedese, non glie ne frega niente e sono anzi fastidiose. Ora sono piccoli e educati ma cresceranno: niente di più facile che s’incazzino nei prossimi anni. E spero che lo facciano, perché per sfondare l’inerzia dei privilegi dei «pezzi grossi», ovvero i figli del boom economico occidentale, i miei dannati coetanei, non basterà aspettare l’esito naturale dell’esistenza. Serve una guerra.
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