Centinaia di antifascisti hanno presidiato ieri la Corte d’appello di Atene, dove è iniziato il processo di secondo grado contro l’organizzazione nazista Alba Dorata. A quasi due anni dalla condanna del capo Nikolaos Michaloliakos e di tutto il gruppo dirigente, compresi i deputati, a pene detentive fino a un massimo di 13 anni di carcere, la magistratura greca dovrà esaminare da capo tutto il voluminoso dossier. Come se la sentenza di primo grado non fosse mai stata emessa. L’appello è stato presentato da un procuratore secondo il quale le pene comminate sono state troppo clementi. Al momento il numero dei testimoni ammonta a 148 persone.

In secondo grado gli imputati sono una cinquantina, 40 dei quali in stato di detenzione. Nel recente passato qualcuno di loro è riuscito a uscire con facilità dal carcere, invocando parenti malati o crisi depressive. Conoscendo la cronica tolleranza delle autorità verso l’estrema destra, i manifestanti si sono dati appuntamento fuori dal palazzo del tribunale per suonare l’allarme sul rischio che le condanne siano vanificate. La grande manifestazione è stata convocata da organizzazioni giovanili e studentesche e sostenuta da una serie di realtà sindacali e da tutti i partiti della sinistra.
Alba Dorata è stata considerata dai giudici di primo grado un’«organizzazione criminale» che si è resa responsabile di omicidi e altri delitti, nascosta dietro le parvenze di un partito politico. Ora si è dilaniata in parecchi frammenti ma la sua ombra pesa ancora sulla scena politica greca. A Salonicco Alba Dorata continua indisturbata la sua azione squadristica nelle scuole. Lunedì un centinaio di ultranazionalisti hanno tentato di manifestare nel centro di Atene contro il riconoscimento della Macedonia del Nord. La polizia li ha dispersi ma negli scontri sono stati arrestati undici ex militanti di Alba Dorata.

Un recente sondaggio dava un sorprendente 1% al gruppuscolo «Elleni per la Patria» capeggiato dal carcere da Elias Kasidiaris, ex pupillo di Michaloliakos ora in rottura con lui. Si calcola che l’area dell’estrema destra copra circa il 4 o 5% dei voti, se si considera che molti ministri dell’attuale governo sono votati proprio da elettori di quest’area. E non è casuale che alcuni difensori degli imputati lavorino in studi legali che appartengono a membri del governo.

Ieri mattina la prima a entrare in aula è stata Magda Fyssas, la battagliera madre di Pavlos Fyssas, il musicista antifascista assassinato dagli squadristi di Alba Dorata nel 2013. Magda Fyssas è con il marito la principale testimone d’accusa e la sua deposizione al processo di primo grado si è svolta tra gli insulti e le minacce degli imputati. Ieri però l’assassino di suo figlio ha preferito non essere presente. Come il leader Michaloliakos, ricoverato per coronavirus, e altri caporioni di primo piano che hanno disertato l’udienza.