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«Grazie alla permacultura affronteremo l’inverno insieme ai nuovi ospiti»

«Grazie alla permacultura affronteremo l’inverno insieme ai nuovi ospiti»

Intervista Anastasya Volkova: «Abbiamo esteso le colture, le dispense sono piene e siamo una comunità: condividere ci aiuterà a reistere»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 novembre 2022

Fra le realtà più attive in Green Roads c’è l’ecovillaggio di Zeleni Cruchi, 140 km a sud di Kiev. Fondato nel 2012 da Anastasya Volkova, consta di una trentina di membri che vivono nelle case ristrutturate o ricostruite con materiali naturali di un vecchio villaggio, fanno vita di comunità, praticano l’agricoltura organica e in parte vendono i loro prodotti, organizzano incontri. Nel tempo Zeleni Cruchi è diventato un Centro di permacultura, membro della rete ucrainiana e anche parte della rete internazionale di permacultura dei paesi Visegrad.

In che modo Zeleni Cruchi è diventato un riferimento per la permacultura in Ucraina?
Come altre persone che vivono qui, ho lasciato la città per la campagna perché volevo seguire uno stile di vita ecologico, respirando aria pura e producendo io stessa il cibo che consumo. All’inizio non sapevo assolutamente nulla di coltivazione: mi sono messa a studiare agricoltura, permacultura, biodinamica con a disposizione 4 ettari di terreno per praticare e sperimentare. Date le caratteristiche della zona ci siamo dedicati in particolare a tecniche e costruzioni quali la fitodepurazione, la raccolta di acqua piovana, la pacciamatura naturale, la coltivazione e la raccolta in foresta, coltivazione in differenti tipi di letti rialzati, costruzioni con pannocchie. Nel frattempo sono diventata un’insegnante di permacultura certificata. Nel 2018 abbiamo iniziato a tenere dei corsi: in totale fino ad adesso ne abbiamo svolti 18, da cui sono passate 250 persone e collaboriamo con la Ong Permacultura in Ucraìna.

La permacultura vi ha permesso di essere produttivi e autosufficienti?

La permacultura è un metodo di coltivazione che fa uso di quello che si ha. Per esempio, i rami, le foglie e l’erba tagliata sono impiegati per mantenere caldo il terreno, mentre i resti della cucina sono trasformati in fertilizzanti. Non si fa uso di sostanze chimiche di sintesi e con determinate piante, come le aromatiche perenni, si attraggono gli insetti buoni per l’impollinazione; anche come si dispongono le piante è molto importante. I risultati della permacultura vanno di pari passo con l’esperienza e lo scambio di conoscenze: bisogna osservare e confrontarsi con le altre persone, perché ciò che funziona in un determinato clima o zona può non funzionare in un altro. La terra dell’Ucraìna è molto fertile ma grazie a questo metodo riusciamo a renderla ancora più produttiva. Posso dire che quanto produciamo soddisfa il 70 % dei nostri bisogni.

Anche i rifugiati coltivano?

Noi non consideriamo le persone che sono arrivate da noi con la guerra dei rifugiati, ma dei nuovi ospiti, a cui offriamo la nostra vita di comunità. In tutti gli eco-villaggi c’è la possibilità di coltivare un pezzo di terra, singolarmente o comunitariamente. Abbiamo messo a disposizione dei nuovi arrivati le nostre braccia e la nostra esperienza. Tramite Green Roads abbiamo inviato volontari, messo a coltivazione nuovi terreni, comprato e distribuito sementi e attrezzature; ci sono 35 nuove serre e dei nuovi trattori; il trattore è molto costoso se comprato individualmente, ma noi ne facciamo un uso collettivo. Questo vale per molte altre attrezzature, come decespugliatori, disidratatori, vasche per la raccolta di acqua piovana. La maggior parte degli ospiti ora coltiva la terra oppure dà una mano e usufruisce dei raccolti.

Alcuni dei nuovi ospiti si sono particolarmente appassionati?

Si! Vitalii, un giovane ingegnere di Kiev che si occupa di bioedilizia, è fuggito con la madre in campagna dove si è messo a ristrutturare la vecchia casa dei nonni. Non sapeva di essere vicino a Zeleni Kruchi, grazie al quale ha potuto recuperare e ingrandire l’orto che era dei nonni: ha patate e altre verdure in abbondanza da poterle regalare e quello che gli manca lo riceverà dalla comunità. A Busha, una comunità ecologica vicino al confine con la Moldavia, Dasha, una pasticcera di Kharkiv, ha ricevuto un pezzo di terra, si è appassionata di permacultura e assieme ad altri sfollati ha ottenuto un orto molto produttivo. Ha appena partecipato ad un corso che si è tenuto a Zeleni Cruchi per 26 persone, di cui la metà erano rifugiati.

Pensate di poter affrontare l’inverno con una guerra in corso, l’aumento dei prezzi e eventuali razionamenti?

Si, lo penso. Abbiamo esteso le nostre coltivazioni, passando la primavera e l’estate a coltivare, per poi raccogliere e conservare: essiccazione, congelamento, invasamento in acqua, olio, aceto. Abbiamo rafforzato il nostro sistema di produzione autonoma e le nostre dispense sono piene. E poi siamo una comunità, e comunità dentro una rete: con il meccanismo della condivisione e dello scambio, che sono parte della nostra cultura, se manca qualcosa da una parte, arriverà dall’altra. Noi e i nostri nuovi ospiti saremo in grado di sopravvivere.

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