Graziati 2mila prigionieri. Alla rivolta non basta
Una manifestante iraniana per le strade di Teheran
Internazionale

Graziati 2mila prigionieri. Alla rivolta non basta

Iran L’Ayatollah Khamenei tenta di placare i manifestanti. I giornali riformisti iraniani chiedono la fine degli arresti pretestuosi di giovani e studenti. La poeta Bita Malakuti al manifesto: «Le nuove generazioni sono determinate a cambiare le loro condizioni di vita e ad avere una vita normale»
Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 14 ottobre 2022

In Iran continuano le proteste e, di pari passo, si allontana la ripresa dell’accordo nucleare. Per calmare le acque, in occasione dell’anniversario di nascita del profeta Mohammed e di una ricorrenza sciita, il leader supremo Khamenei ha concesso la grazia, o ridotto la pena, a 1.862 persone condannate per vari crimini.

La lista dei prigionieri era stata inviata a Khamenei da Mohseni Ejei, capo della magistratura. Secondo il sito della magistratura iraniana Mizan on-line nella lista ci sarebbero 95 donne e 123 condannati per motivi di sicurezza, mentre per 13 dei prigionieri era prevista la pena capitale.

INTANTO, IERI il quotidiano riformatore Etemad ha chiesto alle autorità di rispettare la libertà di stampa e mettere fine agli arresti spesso condotti con dei pretesti. In una lettera ad Ali Shamkhani, segretario del Consiglio supremo della sicurezza nazionale, il direttore di Etemad Elias Hazrati, ex deputato, ha scritto: «Non permettete loro di arrestare giornalisti, giovani, studenti, spesso con delle scuse. Le caratteristiche essenziali della Repubblica islamica erano la libertà di stampa, libere elezioni, un ambiente politico, sociale e universitario libero, la libertà di espressione. Le perdiamo, una per volta. Agite con urgenza, prima che sia troppo tardi».

E ha aggiunto: «È colpa delle autorità se gli iraniani si informano attraverso media in persiano con sede all’estero, considerati nemici dai vertici di Teheran. L’unica soluzione è il dialogo».

Da Praga, la poeta iraniana Bita Malakuti commenta con il manifesto: «Il futuro dell’Iran sarà luminoso e sublime. Forse non sarà nel futuro prossimo, ma di certo vedremo grandi cambiamenti in Iran. Le nuove generazioni sono determinate a cambiare le loro condizioni di vita e ad avere una vita normale».

Esule negli Stati uniti dal 2004, Bita è critica teatrale e ha collaborato con diverse testate in patria. Se le forze dell’ordine smettessero di impugnare le armi e marciassero con i loro concittadini, la Repubblica islamica potrebbe crollare davvero. Queste proteste, però, non hanno un leader ed è difficile immaginare chi possa prendere il potere.

BITA AGGIUNGE: «Coloro che protestano hanno opinioni diverse. La maggior parte non vuole una repubblica islamica ma semplicemente una repubblica. Chiedono che la religione non abbia un ruolo in politica, nei diritti e nella società. In un Iran libero, diversi gruppi politici potrebbero avere un ruolo. Si dovrebbe poter andare alle urne. E votare in modo libero».

Viene da chiedersi che fine fanno i personaggi di spicco al tempo del presidente riformatore Muhammad Khatami (1997-2005). Dove sono finiti ex ministri, ex deputati, esponenti del clero sciita che, a suo tempo, osarono dire che l’Islam è compatibile con la democrazia, seppur a certe condizioni?

Qualcuno vive nel Regno Unito, qualcun altro negli Usa: le preferenze di quella che è stata, a lungo, la nomenclatura di Teheran vanno a quei Paesi con cui i vertici di Teheran non sono in buoni rapporti. In questi giorni, i riformatori sono in panchina, guardano come si evolvono gli eventi.

Per giustificare la cautela, ricordano come tanti si fossero infervorati per il premier Mossadeq che aveva sfidato gli inglesi ma fu rovesciato dal colpo di Stato della Cia. I riformatori di un tempo saliranno sul carro del vincitore, ma non vogliono rischiare che i loro familiari, in Iran, subiscano ripercussioni per una dichiarazione.

DA MILANO, dove si è fermato qualche giorno dopo aver partecipato al festival Internazionale a Ferrara, il 43enne Mohammad Tolouei osserva: «Tutti stanno guardando al dopo Khamenei, alla sua successione». Il leader supremo ha 83 anni e non gode di buona salute.

L’autore del romanzo Le lezioni di papà conclude: «Aspettano la sua morte come opportunità per cambiare le cose. Il figlio di Khamenei è emerso come il successore più plausibile del Leader supremo ma i pasdaran cercheranno di influenzare la successione. E lo stesso Raisi potrebbe prendere il posto di Khamenei. Oppure una personalità meno conosciuta. In ogni caso i papabili non sono molti, mentre sono molte le forze in gioco che possono influenzare questa partita».

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