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Grandi opere, ovvero debiti e inquinamento

Grandi opere, ovvero debiti e inquinamentoI lavori a Milano per le prossime Olimpiadi invernali – Lapresse

Ambiente Questo fine settimana si svolgerà a Torino il secondo Festival delle Regioni Italiane. I temi chiave delle due giornate saranno le grandi opere ed i grandi eventi, che, nelle parole […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 settembre 2023

Questo fine settimana si svolgerà a Torino il secondo Festival delle Regioni Italiane. I temi chiave delle due giornate saranno le grandi opere ed i grandi eventi, che, nelle parole del presidente del Friuli-Venezia Giulia nonché attuale presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, «portano sviluppo e difendono il territorio». Anche per chi conosce solo vagamente i veri problemi dell’Italia, la scelta di questo tema come prioritario per un evento di carattere nazionale al quale parteciperà buona parte del governo e il Presidente della Repubblica dovrebbe suonare strana. Per chi poi conosce le storie di corruzione, di aumento del debito pubblico e delle disuguaglianze territoriali e sociali delle grandi opere e grandi eventi in Italia, la scelta risulterà incomprensibile.

Guardando solo ad alcuni casi recenti, Expo 2015 è costata 2,2 miliardi di euro, l’autostrada Brescia – Bergamo – Milano ha accumulato debiti per oltre 450 milioni di euro in 10 anni e non riesce a far fronte agli oneri finanziari, la Pedemontana lombarda e la Pedemontana veneta sono in perdita ed è quindi evidente che grandi opere e grandi eventi sono piuttosto fabbriche di debito pubblico che di sviluppo. Anche guardando più indietro, le Olimpiadi invernali di Torino 2006, celebrate ancora come l’evento che ha fatto svoltare una città abbandonata dalla Fiat, ci si rende conto di come l’effetto economico positivo sia stato molto effimero, e tutt’altro che in grado di mettere Torino ed il Piemonte in una traiettoria di crescita economica sostenibile. Sulle Olimpiadi di Milano-Cortina è ancora presto per parlare, ma alcune scelte, come quella sulla ricostruzione pressoché totale della pista da bob di Cortina anziché sull’utilizzo di quella di Innsbruck o Torino 2006 la dicono lunga sulla volontà di gestire al meglio le risorse economiche.

Se oltre ai dati economici guardiamo poi a quelli ambientali, il debito diventa ancora più insostenibile. La costruzione di Expo 2015 ha comportato l’emissione di quasi 100.000 tonnellate di CO2, mentre la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino – Lione ne emetterà oltre 10.000.000, una cifra che richiederà decenni di trasferimento di merci e passeggeri sul treno per compensare. Questo per non parlare delle migliaia di ettari di terreno coperti di cemento ed asfalto e sottratti all’agricoltura ed alla natura, e delle conseguenze sul dissesto idrogeologico dei territori attraversati.

Se consideriamo poi che arriviamo da due anni consecutivi di siccità che hanno messo in ginocchio l’agricoltura italiana, di eventi meteorologici estremi che hanno ucciso persone, distrutto infrastrutture fondamentali e paralizzato intere province, di ondate di calore che hanno causato la morte prematura di migliaia di persone anziane e deboli, parlare di grandi eventi e grandi opere non è niente di meno che un insulto alle vittime di questi disastri ed un affronto alle generazioni future. È anche la dimostrazione del fatto che la gran parte della politica italiana si barcamena tra le posizioni apertamente antiambientaliste della destra e l’ambientalismo del “ma” di gran parte del centrosinistra, i cui esponenti elencano sempre puntualmente una serie di motivi per i quali le ragioni dell’ambiente arrivano sempre seconde.

A guardare bene la foto di gruppo dei venti presidenti di regione però lo stupore diminuisce. Diciannove sono uomini, con un’età media di oltre 58 anni, la gran parte rappresentano le varie destre. Appartengono esattamente alla categoria di persone più restie ad accettare la realtà della crisi climatica ed ecologica e ad ammettere la necessità impellente di un cambio totale di paradigma economico e sociale. Ecco, forse la vera rivoluzione per la sinistra ambientalista sarebbe candidare a ruoli di governo solo giovani donne, a patto di aver accertato che abbiano la voglia e la forza di ribaltare tutti i tavoli ai quali si siederanno.

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