Con la sensibilità estrema che lo caratterizzava il poeta R. M. Rilke esprimeva in un sonetto il concetto che qualunque morte ingiusta, quella di un innocente in particolare, emanava una sorta di eco che doveva colpire la nostra sensibilità ottusa da una quotidianità fatta di gesti meccanici, indifferenti a ciò che accade oltre la nostra materialità.

Riflettere sulla morte di chi rischia la vita per una vita migliore, di chi mette in gioco ciò che ha di più caro, i propri figli, il futuro, per ricavarsi uno spazio, seppur angusto, di autodeterminazione, non è speculare sui morti, come ha dichiarato, con colpevole sensibilità, il presidente del Consiglio in queste ore dopo il naufragio sulle coste calabresi, bensì riflettere ancora una volta sui reali confini della democrazia che noi vorremmo non confinata alla frontiera tra Russia ed Ucraina ma senza confini, sconfinata ed inclusiva, a partire da chi chiede aiuto in nome dell’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti: tutti gli esseri umani nascono eguali in dignità e diritti.

Questi sono non i confini ma le radici della democrazia, che non si difendono solo manu militari ma attivando ogni giorno, con scelte politiche, quelle possibilità di renderla percorribile da tutti e per tutti. I naufraghi annegati nel nostro mare, sul bagnasciuga italico da difendere dalle invasioni barbariche, vengono da zone in cui i diritti umani fondamentali sono più che negati, e si imbarcano su vascelli di fortuna gestiti da una criminalità organizzata che, anche mercé il Decreto Piantedosi contro i salvataggi in mare ad opera delle Ong, ha rialzato la cresta, avendo capito che adesso può fare affari d’oro sulla pelle di chi cerca una vita dignitosa.

Le logiche del proibizionismo sono note e sono sempre le stesse: basta rendere illegale qualcosa di necessario ed ecco che il prezzo si alza, e dove ci sono soldi le mafie agiscono con efficienza ed efficacia. Non a caso ciò che produce la plusvalenza maggiore sono le armi, le droghe, e il traffico di esseri umani. D’altra parte, come ha mostrato bene la cosiddetta guerra alla droga degli anno ’80 e ’90 del secolo scorso, il suo indotto produce benefici politici per tutti coloro che vogliono militarizzare una intera società, con la motivazione che certe libertà civili e politiche devono essere ridimensionate per via dello stato di eccezione. Ecco, allora, che il quadro generale si chiarisce ancora di più: non sono certo le Ong il pull factor che si invocava per scoraggiare i migranti dal tentare la sorte, ma intanto si è manomesso un principio universale, quello del salvataggio in mare. Era questo il vero obiettivo, come pure quello di mettere la sordina a chi denuncia le ingiustizie legate ad una iniqua distribuzione delle risorse su scala globale, oggi tacciandoli di voler speculare sui morti in mare.

Ma è difficile negare il fallimento delle politiche di contenimento delle messe migranti, il fatto che i miliardi dati al regime autocratico di Erdogan, che rischia di sbriciolarsi come i palazzi crollati nel terremoto, potessero veramente fare da argine a ciò che mai si potrà impedire, come dimostra questa ultima tragedia.

E allora, di fronte alle vite perdute, vogliamo non solo esprimere il nostro cordoglio ma altresì ricordate come questi drammi sono il frutto malato della crescente insensibilità mostrata da molte nazioni europee e da certi governi in particolare, di fronte ai problemi che affliggono i paesi più esposti alle guerre ed alla povertà. La gestione dei flussi migratori con una logica da ordine pubblico internazionale o, come nel caso dell’Italia, di supposta difesa dei confini nazionali da paventate invasioni straniere, apre naturalmente la strada alla criminalità organizzata che lucra sui divieti alle migrazioni regolari e sull’assenza dal mare e sui confini terrestri delle Ong impegnate nel sostegno ai migranti.

La visione di una «Europa fortezza», ottusa e demagogica, impegnata a difendere i propri privilegi blindando le frontiere, non è solo eticamente inaccettabile ma rappresenta anche la risposta sbagliata all’inverno demografico che attraversa tutto il Continente. La democrazia si costruisce attraverso il rispetto dei Diritti umani, e quello di una migrazione sicura rientra tra quelli fondamentali. Per questo abbiamo lanciato insieme ad un largo gruppo di associazioni la «Campagna 070» per aumentare la quota del nostro Paese destinata alla cooperazione allo sviluppo e, come Ong internazionali impegnate nel rispetto della Carta dei diritti delle Nazioni Unite e degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, continueremo la nostra opera al fianco di quanti si appellano alla fratellanza, alla giustizia e alla libertà di scegliere il proprio avvenire.

* Portavoce CINI (Coordinamento Italiano ONG Internazionali)