Google blocca le pubblicità che negano il cambiamento climatico
Google impedirà ai negazionisti del cambiamento climatico di guadagnare attraverso le sue piattaforme e di diffondere la disinformazione sul clima attraverso la pubblicità. La compagnia ha annunciato che, dal prossimo […]
Google impedirà ai negazionisti del cambiamento climatico di guadagnare attraverso le sue piattaforme e di diffondere la disinformazione sul clima attraverso la pubblicità. La compagnia ha annunciato che, dal prossimo […]
Google impedirà ai negazionisti del cambiamento climatico di guadagnare attraverso le sue piattaforme e di diffondere la disinformazione sul clima attraverso la pubblicità. La compagnia ha annunciato che, dal prossimo mese, vieterà gli annunci pubblicitari serviti da Google e quelli sui video di Youtube che presentano contenuti di negazionismo climatico.
In particolare, il divieto riguarderà gli annunci sui contenuti che contraddicono il “consenso scientifico sull’esistenza e le cause del cambiamento climatico”. Questo include contenuti che si riferiscono al cambiamento climatico come “una bufala” o “una truffa”, affermazioni che negano che le tendenze a lungo termine mostrano un clima globale più caldo, e affermazioni che negano che le emissioni di gas serra o l’attività umana contribuiscono al cambiamento climatico.
L’annuncio di Google arriva in seguito a pressioni da più parti, inclusi alcuni inserzionisti che “non vogliono che i loro annunci appaiano accanto a questo tipo di contenuti”, sostiene la compagnia.
Secondo un rapporto pubblicato nel 2019 da Avaaz, non profit statunitense e uno tra i più grandi network di attivisti online, Youtube stava “promuovendo attivamente la disinformazione climatica”. Eppure, secondo l’organizzazione, YouTube dovrebbe garantire che tali contenuti non includano pubblicità e non siano incentivati finanziariamente. Per questo l’annuncio di Google è importante: darà il via a un processo di demonetizzazione della disinformazione sul clima online e permetterà di disincentivare chi cerca di trarre profitto dal negazionismo.
È chiaro, però, che non è ancora abbastanza “per fermare la quantità schiacciante di disinformazione sul clima, il greenwashing e il negazionismo del clima sulle piattaforme di Big Tech”, ha detto alla BBC Silvia Pastorelli, responsabile clima ed energia presso Greenpeace European Unit.
È necessario, per esempio, che anche le piattaforme social affrontino la disinformazione sul clima in maniera simile e che ne vietino la monetizzazione in maniera diffusa ed estesa.
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