Lavoro

Gnecchi: «La povertà aumenta e il governo ha solo tagliato»

Gnecchi: «La povertà aumenta e il governo ha solo tagliato»Una sede dell'Inps – Foto LaPresse

Reddito di Cittadinanza L'ex vicepresidente dell'Inps: «Già a gennaio mi aspettavo proteste sociali. In questi sette mesi il governo non ha fatto niente. I Comuni hanno ragione: sono stati lasciati soli a gestire la "Carta acquisti"»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 1 agosto 2023

Luisa Gnecchi, ex vicepresidente dell’Inps e a lungo parlamentare del Pd, da venerdì il tema della cancellazione del Reddito di cittadinanza ha conseguenze sociali forti. Dal suo punto di vista era una cosa attesa?
Io sono rimasta sorpresa che non ci sia stata a gennaio, dopo l’approvazione della legge di Bilancio che prevedeva la cancellazione. Sappiamo ovviamente che il centrodestra ha sempre contestato il Reddito di cittadinanza. Ma mi aspettavo che Meloni, che è stata con me in commissione Bilancio alla Camera per 10 anni, riuscisse a dare l’immagine di eliminare il Reddito di cittadinanza chiamandolo però in un altro modo, rendendosi conto che la povertà va comunque combattuta. In più il rischio di povertà è in aumento, non è in diminuzione. Anche a causa dell’inflazione.

Luisa Gnecchi, ex vicepresidente dell’Inps

Ma la protesta sociale sale ora e forse ancor di più a fine anno quando altri 350 mila perderanno qualsiasi sussidio perché le persone si mobilitano quando veramente sono colpite…
Questo dimostra che non si crede mai a chi governa e perché abbiamo un’astensione al voto al 50%. Dimostra la sfiducia nelle istituzioni sommato al fatto, paradossalmente, che molte persone non potevano neanche credere che possa esistere una cattiveria a questo livello: che si colpiscano così duramente persone che non hanno altri sussidi.

Dal punto di vista tecnico è partita una polemica dei Comuni contro l’Inps sulla «presa in carico» dei nuclei familiari che manterranno da gennaio l’Assegno d’inclusione e che devono sottoscrivere un progetto multidisciplinare. Il presidente dell’Anci De Caro sostiene che l’Inps non ha elenchi aggiornati dei percettori.
Fin quando sono stata all’Inps, il rapporto con i Comuni è stato costante fin dai tempi del Reddito di inclusione (Rei) che totalmente da loro. Il Reddito di cittadinanza era invece gestito totalmente dall’Inps, specie dopo i problemi di Anpal e navigator. I sindaci hanno ragione a lamentarsi anche perché si ritrovano improvvisamente questa novità della «carta acquisti». In più anche i Centri per l’impiego non funzionano.

L’elemento più brutale della cancellazione del Reddito è la distinzione fra «occupabili» e non. Salvini per motivare la necessità di far lavorare le persone faceva l’esempio di «un trentenne senza figli disabili che non può rimanere sul divano». Ma in realtà la gran parte dei percettori sono oltre i 55 anni e un lavoro a quell’età è impossibile trovarlo.
Tutte le indagini fatte dall’Inps dal 2019 a oggi dimostravano che la stragrande maggioranza dei percettori – senza dimenticarci che si tratta dei capifamiglia – non avevano nella realtà alcuna possibilità di essere occupati, specie al Sud.

Conoscendo a fondo la materia e non avendo anche qui mancato di criticare parecchi aspetti, lei come avrebbe gestito una riforma del Reddito di cittadinanza?
Andando a vedere i dati reali e con una grande collaborazione tra Inps e Regioni che gestiscono i Centri per l’impiego. Fin dalla nascita del Rei con il governo Renzi il problema principale è stato la mancanza di risorse sia per combattere la povertà che per creare vere politiche attive. Ancora oggi, nonostante le risorse spese per riuscire a rafforzare realmente i Centri per l’impiego, chi ci lavora è disperato perché non riesce a far incontrare domanda e offerta di lavoro. Un pallino dell’ex presidente Tridico era l’esempio della Germania dove è l’equivalente dell’Inps a gestire le politiche attive. Io penso che di sicuro il sistema informatico dell’Inps è molto migliore dei Centri per l’impiego, ma io penso che l’Inps abbia anche troppi compiti ma nessuno è ancora riuscito a far funzionare le politiche attive.

Invece sullo strumento di lotta alla povertà per chi appunto non è occupabile come l’avrebbe gestito?
Tornare alla filosofia del Reddito di inclusione sarebbe la strada migliore, naturalmente prevedendo più risorse. Il problema principale del governo Meloni è stato il ritardo nell’affrontare la situazione: da gennaio a luglio non è stato fatto niente, il decreto Lavoro è di fine maggio. E anche ora non hanno approntato ancora niente sulla piattaforma nazionale per i corsi di formazione che dovrebbero consentire di avere la miseria di 350 euro al mese come Supporto alla formazione, fra l’altro solo per un anno.

Tridico stima in 4 miliardi il taglio di risorse rispetto ai 2 previsti in legge di bilancio.
Anche a me risulta questa cifra dagli studi attuariali rispetto a quanto l’ente ha elargito quest’anno rispetto al 2022. Comunque la nuova commissaria dell’Inps è una statistica attuariale, vedremo se a fine anno confermerà la stima.

A proposito della carneade Michela Gelera, nominata commissaria straordinaria all’Inps, come ha vissuto il colpo di mano del governo Meloni per liquidare Tridico e lei?
Mi sarei aspetta che qualcuno ci convocasse e ci dicesse: “Come vi potete immaginare noi vogliamo un Cda dell’Inps che sia più vicino all’attuale governo”. Siccome c’era un posto vacante per le dimissioni di Rosario De Luca, marito della ministra Calderone, si poteva nominare un consigliere con l’idea che diventasse poi presidente alla scadenza di Tridico. Invece si è scelta la via di un commissariamento che ha lasciato l’Inps senza guida. Fare un decreto legge il 4 maggio con la ministra Calderone a Stoccolma è stato di pessimo gusto.

Lei si è sempre occupata di pensioni, il governo Meloni con la Lega ha promesso di cancellare la Fornero e invece non ha ancora cambiato una virgola.
Io in parlamento ho portato avanti le nove salvaguardie per gli «esodati» creati dalla Fornero. Poi siamo sempre stati bloccati dalla mancanza di soldi. Invece con quelli usati solo per Quota 100 si poteva fare la flessibilità in uscita proposta da me e Cesare Damiano già nella XVII legislatura.

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