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Gli «esperimenti coloniali» di Cambridge Analytica in Nigeria

Gli «esperimenti coloniali» di Cambridge Analytica in NigeriaNigeria, sostenitori del PDP, il partito dell'allora presidente Goodluck, sfilano a Lagos durante le elezioni – LaPresse

Fake news e social Nel febbraio del 2015 le tecniche che saranno poi usate per far vincere Trump e la Brexit furono usate (ma senza successo) contro Buhari, lo sfidante del presidente uscente. Anche la «super bufala» sui «350 milioni di sterline a settimana da pagare a Bruxelles» diffusa durante il referendum inglese era nata dai focus group della società

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 1 aprile 2018

I successi, in politica come in guerra, non arrivano da soli: occorre preparare, sperimentare nuove tecniche.

I trionfi di Cambridge Analytica nel 2016, con la vittoria del «Leave» nel referendum in Gran Bretagna e quella di Trump negli Usa, sono arrivati dopo una prova generale in Africa, le elezioni presidenziali in Nigeria nel 2015.

Le tecniche di analisi degli elettori, diffusione di Fake News e propaganda occulta furono impiegate su larga scala nel tentativo di mantenere al potere il candidato preferito delle multinazionali petrolifere, il presidente uscente Goodluck Jonathan e impedire la vittoria dell’opposizione guidata da Muhammad Buhari.

Per esempio, Cambridge Analytica produsse un «video-horror» che mostrava scene di estrema violenza: gambe e braccia tagliate, crani sfondati col machete, mentre la voce fuori campo annunciava: «Ecco cosa sta per accadere in Nigeria il 15 febbraio 2015. Come sarà la Nigeria se Buhari impone la legge islamica?».

Naturalmente Buhari non aveva alcuna intenzione, né la possibilità, di imporre la sharia in un paese di 186 milioni di abitanti multietnico e multireligioso ma questo non importava: l’obiettivo del filmato era spaventare gli elettori degli stati a maggioranza musulmana e fare in modo che rinunciassero a votare.

Gli esperimenti si fanno nelle colonie e la Nigeria era un terreno ideale: enormi risorse petrolifere, un governo corrotto, interessi inglesi, americani, francesi e israeliani ben rappresentati sul posto.

Il gruppo di Cambridge Analytica, come è stato rivelato da ex impiegati al Guardian, si incontrava nella hall di un hotel di Abuja con quelli che avevano tutta l’aria di essere mercenari, o agenti delle forze speciali. Tutti con un solo obiettivo: prevenire la vittoria di Buhari, che minacciava gli assetti di potere esistenti.

Le elezioni non furono certo facili: rinviate più volte, minacciate dagli attacchi di Boko Haram che uccise 41 persone, complicate da un’incerta e mal funzionante anagrafe degli elettori.

Alla fine vinse Buhari, 53% contro 46% a Jonathan ma per Cambridge Analytica fu comunque un successo: l’esperimento aveva dimostrato che i social media, e in particolare Facebook, potevano essere trasformati in armi efficaci per far vincere i candidati preferiti da Robert e Rebekah Mercer.

E questo con investimenti di denaro relativamente modesti: come si sa, Trump spese molto meno di Hillary Clinton nella sua campagna elettorale, usando i suoi fondi non per l’obsoleta pubblicità televisiva ma per imporre temi forti attraverso Facebook e Twitter.

La corsa verso la presidenza di Trump è stata molto descritta e analizzata, anche per il carattere folcloristico del personaggio, meno noto è il ruolo di Cambridge Analytica nel referendum sulla «Brexit».

Per esempio, ora si sa che furono loro a coniare lo slogan «We send the EU £350m a week: let’s fund our NHS instead» esposto a caratteri cubitali su tutti gli autobus di Londra.

La tesi che l’Europa “costasse” 350 milioni di sterline ogni settimana alla Gran Bretagna era naturalmente una fandonia, e ancor di più lo era la promessa di finanziare con questi «risparmi» il NHS, cioè il servizio sanitario nazionale, di cui i governi conservatori cercano regolarmente di ridurre finanziamenti e prestazioni.

L’idea dell’Unione Europea come sanguisuga dei risparmi inglesi ebbe però successo, contribuendo alla vittoria di stretta misura nel referendum che ha avviato il processo di uscita del paese dalla Ue.

Lo slogan inglese ha molte affinità con alcuni di quelli usati da Trump, per esempio sul tema del deficit commerciale degli Stati Uniti verso la Cina, sugli accordi «orribili» per i lavoratori americani, sul costruire il muro al confine con il Messico e «farlo pagare ai messicani».

In tutti questi casi, i focus group permettono di selezionare idee semplici e popolari, semplici da ricordare, che trovano facili capri espiatori negli stranieri.

Che poi queste idee siano assurde, irrealizzabili e controproducenti non ha alcuna importanza: la loro funzione è offrire uno sfogo al risentimento per le proprie condizioni di vita, creare un legame «tribale» con il leader, vincere le elezioni mobilitando i cittadini meno informati ma più assidui nell’usare Facebook.

(2 – segue, la puntata precedente è uscita sul manifesto del 29 marzo)

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