Volano parole da dichiarazione di guerra nell’Europa felicemente unificata. Per Di Maio, anima moderata dell’M5S, il presidente Macron sta diventando «il nemico numero uno dell’Italia». E il francese non era stato da mano, avendo definito i governanti cugini una «lebbra».

Toni da scontro di civiltà.

Gli italiani vorrebbero collocare i campi di concentramento in Africa, come aggiungere miseria a miseria, e reclamano fondi europei per sovvenzionare i kapò. Con tanto di minaccia, in caso di rifiuto, di mettere il veto ai finanziamenti devoluti al sultano Erdogan per tenere fuori dalla porta i miserabili che provano a infiltrarsi nei Balcani dai confini ottomani.

I francesi e gli spagnoli, invece, i campi li preferiscono nel cortile di casa (altrui): nell’Italia che lamenta una emergenza migrazioni «inesistente» e che può ben farsi carico dei pezzenti in arrivo dall’Africa. Va da sé dietro congrua prebenda.

L’offesa è cocente. Proprio noi, che già sovvenzioniamo i libici perché si occupino di tenere pulita l’Europa, dovremmo essere degradati a guardiani di lager?

Furibondo Salvini, in procinto di passare lunedì alla fase operativa con un sopralluogo in Libia, minaccia di non votare il documento che uscirà oggi dal vertice di Bruxelles. Come se non sapesse che da questo vertice fallito prima di cominciare non uscirà assolutamente nulla.

Intanto, mentre da noi la caccia al negro si sta affermando come sport venatorio estivo, le navi cariche di disperati restano in attesa che qualcuno apra i porti.

Ma i contendenti sono troppo occupati per darsi pena degli effetti collaterali: chiunque vinca, loro hanno già perso. I passeggeri della Lifeline che nessuno vuole. Quelli stipati di fronte a Pozzallo, che vedono la salvezza a pochi metri ma irraggiungibile.

La vergogna d’Italia. La vergogna d’Europa.