Gli ecologisti di Cortina trionfano alle Olimpiadi
Sport La prima medaglia d’oro al nuovo ambientalismo italiano è da assegnare ai comitati che si sono battuti contro l’inutile pista da bob di Cortina
Sport La prima medaglia d’oro al nuovo ambientalismo italiano è da assegnare ai comitati che si sono battuti contro l’inutile pista da bob di Cortina
Ecco la prima medaglia d’oro per il nuovo ambientalismo italiano. E’ vittoria e con un tempo di tutto rispetto: più di 200 settimane di impegno serrato senza mai uscire di pista. La decisione di non realizzare una nuova pista da bob a Cortina rende merito all’intenso lavoro svolto da quel variegato fronte di opposizione che fin da subito (le prime manifestazioni sono del 2020) ha segnalato l’evidente inutilità e impossibilità dell’opera.
«UNA IMPORTANTE VITTORIA INSPERABILE fino a pochi mesi fa», scrive in nel suo comunicato di commento Mountain Wilderness, una delle associazioni nazionali in prima linea nella contestazione insieme ai comitati locali. Ancora sabato 14 ottobre il sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi e il presidente del Comitato olimpico italiano (Coni) Giovanni Malagò difendevano l’impianto. L’intenzione di dotare Cortina di una nuova pista da bob è emersa nel 2019, quando viene pubblicato il masterplan dei Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina 2026. L’obiettivo è ricostruire la storica pista olimpica di bob Eugenio Monti, inutilizzata dal 2008 per le elevate spese di gestione e manutenzione.
IMMEDIATAMENTE SI SOLLEVA LA PROTESTA: assemblee pubbliche, convegni, raccolte firme, ricorsi al Tar, e naturalmente manifestazioni: l’ultima meno di un mese fa, IL 24 settembre, quando mille hanno riempito piazza Dibona, sfilando dal centro al polo sportivo dell’area Sopiazes, dove era da poco stata demolita la vecchia struttura. Organizzata dal gruppo consiliare Cortina Bene Comune, vi hanno aderito le tante realtà che in questi anni non hanno mai smesso di far sentire le loro ragioni contro un progetto costoso, nocivo e inutile.
LE ESPERIENZE PRECEDENTI (vedi anche Torino) sembravano non aver insegnato nulla: negli anni successivi i costi previsti dal progetto sono aumentati di pari passo con l’ostinatezza nel volerlo realizzare del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e del Consiglio comunale di Cortina in primis. Dai 47 milioni di euro di costo previsti nel 2019 si è passati ai 61, poi 85, ancora 124, e nel Dpcm dell’8 settembre 2023 ai 128. Infine, la richiesta della scorsa settimana da parte delle ditte interessate alla trattativa diretta si aggirava intorno ai 180 milioni. Il piano di rientro economico della gestione era stato smentito dai comitati, la pista nel tempo avrebbe pesato sulle casse del Comune di Cortina per oltre un milione di euro all’anno.
A QUESTO PROBLEMA SI ACCOMPAGNAVA la questione ambientale: rischio tangibile di inquinamento della sorgente naturale del laghetto Bandion, taglio di più di 2 ettari di piante centenarie di alto fusto, interruzioni dei corridoi ecologici, effetti negativi sulla qualità delle acque del torrente Boite (prelevate per il raffreddamento dell’impianto di refrigerazione), oltre che consistenti modifiche morfologiche del terreno non solo per realizzare il tracciato (un freezer di 1.743 metri) ma anche per dare spazio a tutte le infrastrutture connesse (strade di servizio, accessi pedonali e carrai, nuovi edifici pari a 18.000 mc); per non parlare degli scavi in trincea, dei terrapieni e della copertura prevista.
QUESTE EVIDENTI CRITICITÀ, a quanto pare, erano superflue solo per i promotori del progetto, in quanto negli anni si è palesata anche la difficoltà di trovare aziende disponibili a gestire i lavori di costruzione. Infatti sono due i bandi andati deserti, il primo quest’estate e l’assegnazione diretta di settembre. A quel punto, i rischi di avviare un cantiere senza riuscire a ultimarlo sono diventati certezza, da qui la decisione del Governo, che lo stesso Giovanni Malagò ha dovuto suo malgrado comunicare. «Vorrà dire che ci devono dare delle altre discipline» è stato l’unico, laconico commento del presidente della Regione Veneto Zaia. Una frase che lascia intendere che a Cortina e dintorni c’è ancora da vigilare.
GLI AMBIENTALISTI HANNO VINTO la battaglia simbolo dell’insostenibilità delle olimpiadi «più sostenibili di sempre», come recita lo slogan, ma ne restano da condurre molte altre. Perché comunque, pista da bob o non pista da bob, si riverseranno altre tonnellate di cemento sulle montagne. «Ci sono altri progetti olimpici da monitorare a causa della loro criticità: le varianti stradali (circonvallazioni) di Longarone, Val Pusteria, Sondrio e specialmente di San Vito di Cadore, progettata in zona a rischio nei pressi del torrente Boite», afferma Giancarlo Gazzola di Mountain Wilderness. «Poi ci sono i quattro collegamenti sciistici che a nulla servono per le Olimpiadi e che vanno cancellati: Cortina verso Alleghe, Arabia, Valbadia, quelli di Bormio-Livigno. In più la revisione dei costi di tutte le opere, dal centro di biathlon di Anterselva (Bz) fino ai trampolini di Predazzo, al centro del fondo di Tesero (Tn). «La rinuncia della pista di bob a Cortina sicuramente porterà alla cancellazione del superfluo villaggio olimpico (50 milioni di euro) in località Fiames per atleti e loro tecnici – continua Gazzola – e infatti mancando il bob il numero dei posti letto diminuisce di molto e si potrebbe rivalutare la proposta della soluzione degli alberghi disponibili in zona, come si era fatto per i mondiali di sci del 2021. Così la Fondazione potrebbe risparmiare altre spese, circa 30-40 milioni di euro per il previsto villaggio olimpico provvisorio (prefabbricato) e che verrà smantellato a fine Olimpiadi. Inoltre l’area destinata, Fiames, è a rischio idrogeologico».
E non è tutto. «L’abbandono della pista da bob in Italia porta a riflessioni ancora più importanti – scrive Luigi Casanova sulla pagina di Mountain Wilderness – si è dimostrato che l’agenda del Comitato olimpico internazionale (Cio) 2020 è inadeguata nel proporre sostenibilità. Già nel 2021 si era rinunciato alla costruzione del villaggio olimpico di Livigno per investire nell’ospitalità degli alberghi locali. Nel gennaio 2023 è saltato il palazzo del ghiaccio che doveva ospitare il pattinaggio di velocità a Baselga di Pinè (Tn) i cui costi dagli iniziali, 35 milioni di euro, erano lievitati a oltre 70. Ci si trasferirà a Rho, alla Fiera di Expo 2015, con spese comunque elevate per poi modificare radicalmente le funzioni della struttura, o abbandonarla a sé stessa».
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