Gli ayatollah non sono eterni
Iran Dal severo Mesbah Yazdi al riformista Sanaei, i teologi legati alla rivoluzione del 1979 stanno morendo uno a uno. Una chance (meglio tardi che mai) per la generazione successiva
Iran Dal severo Mesbah Yazdi al riformista Sanaei, i teologi legati alla rivoluzione del 1979 stanno morendo uno a uno. Una chance (meglio tardi che mai) per la generazione successiva
La Repubblica islamica dell’Iran sta perdendo la vecchia guardia di teologi sciiti, appartenenti a schieramenti politici diversi ma comunque saldamente ancorata al potere. al punto che solo la loro morte potrebbe permettere alla generazione successiva di emergere.
Lo scorso 1° gennaio è scomparso l’ayatollah ultraconservatore Mohammad Taqi Mesbah Yazdi, strenuo sostenitore del velayat-e faqih, ovvero del sistema di governo in vigore nella Repubblica islamica dell’Iran che considera il leader supremo infallibile. Era soprannominato “Professor Temsah” laddove Temsah vuol dire «coccodrillo» e fa rima con Mesbah. Il nomignolo gli deriva dalla vignetta in cui un rettile si atteggia ad accademico e strangola con la propria coda un giornalista. Era il gennaio del 2000, la libertà di espressione era di attualità ma il vignettista Nikahang Kowsar era comunque finito in carcere, accusato di minaccia alla sicurezza nazionale e di aver insultato l’Ayatollah.
NATO A YAZD NEL 1935, lo scorso autunno Mesbah Yazdi era stato colpito da una malattia gastrointestinale ed era stato trasferito dalla città santa di Qum in un ospedale della capitale Teheran. Era stato per trent’anni membro dell’Assemblea degli Esperti e quindi sarà interessante scoprire chi prenderà la sua poltrona. Pur essendo di qualche anno più anziano rispetto all’ayatollah Ali Khamenei, Mesbah Yazdi era un candidato alla successione del leader supremo: quando verrà il momento, il testimone passerà probabilmente a un uomo della generazione successiva.
Mesbah Yazdi ha lasciato un’impronta di severità eccessiva. Difficilmente sarà rimpianto, ma lascerà anche una schiera di allievi e fedelissimi già incardinati nella politica della Repubblica islamica. L’ayatollah era infatti direttore dell’Imam Khomeini Education and Research Institute (Ikeri), un istituto di ricerca dove erano frequenti gli scambi culturali di studenti, provenienti anche dalla Cina: una presenza che si era rivelata assai pericolosa a febbraio, all’inizio della pandemia.
LA VISIONE POLITICA di Mesbah Yazdi non contemplava né democrazia né società civile. Era un nemico acerrimo del presidente riformatore Mohammad Khatami e del pragmatico Hashemi Rafsanjani. Ma passerà alla storia per essere stato – per un certo periodo – il mentore del presidente Mahmoud Ahmadinejad (2005-2013), che i sondaggi danno ora in pole position nelle prossime elezioni di venerdì 18 giugno. I due presero poi le distanze perché Ahmadinejad si oppose alle decisioni del leader supremo in merito alle dimissioni di alcuni ministri. Non potendo dare ad Ahmadinejad l’etichetta di liberale, Mesbah Yazdi lo accusò nientemeno che di… stregoneria.
L’ALTRO TEOLOGO SCIITA scomparso di recente è l’ayatollah riformista Yousef Sanaei. È morto il 12 settembre a 83 anni nella città santa di Qum due giorni dopo una caduta e la rottura del femore e del polso. Per visione politica, era agli antipodi rispetto al suo collega Mesbah Yazdi. Negli anni Novanta non aveva esitato a prendere posizione per i diritti delle donne ed era arrivato persino a vietare con una fatwa (decreto religioso) le discriminazioni di genere. Durante un’intervista nel suo ufficio a Qum, gli posi alcune domande sul sigheh, il matrimonio temporaneo prerogativa degli sciiti iraniani. Lui mi liquidò con un sorriso, dicendo che si trattava di un momento – settimane, mesi e persino anni – volto a conoscersi meglio. E fece un confronto con il periodo in cui, in Occidente, ci si frequenta per valutare se si è fatti l’uno per l’altra.
IN OCCASIONE delle contestate elezioni presidenziali del 2009, Sanaei aveva preso le parti del movimento verde d’opposizione guidato da Mir Hossein Musavi e da Karrubi. Il voto era stato segnato dai brogli, Ahmadinejad aveva vinto un secondo mandato, in tanti erano scesi in strada a protestare, ma erano stati vittime della repressione di regime. Nemmeno l’ayatollah Sanaei era stato risparmiato: gli era stato impedito formulare ulteriori editti religiosi e il suo sito era stato bloccato.
NEGLI ULTIMI DODICI ANNI teologi del suo stesso schieramento riformista sono stati costretti all’esilio: già incarcerati al tempo del presidente Khatami, gli hojatolleslam Mohsen Kadivar (allievo del grande ayatollah Montazeri) e Youssefi Eshkevari (apertamente contrario all’obbligo del velo) vivono rispettivamente negli Stati uniti e in Germania.
A sostituire personaggi del calibro degli ayatollah Mesbah Yazdi e Sanaei, che hanno attraversato da protagonisti la rivoluzione del 1979, ci sarebbe una generazione altrettanto preparata. Anzi, forse, addirittura più preparata, ma impossibilitata a prendere le redini e la scena del paese.
In questi anni, un primo problema è che la vecchia guardia non si decide ad andarsene di sua spontanea volontà. E solo la morte sembra porre rimedio. Un problema ulteriore è dato dalla mancanza di meritocrazia: di gente in gamba ce n’è, in Iran: individui istruiti, colti, e anche lungimiranti. Ma non sono loro, per ora, ad amministrare la cosa pubblica perché, oltre alla vecchia generazione di ayatollah, ad avere la meglio sono i quadri formatisi nelle fila dei pasdaran, che hanno poco per volta scalato i vertici della politica della Repubblica islamica.
DI QUESTO avremo dimostrazione a breve, in occasione del voto di giugno, dove a contendersi la poltrona saranno probabilmente l’ex presidente ultraconservatore Ahmadinejad e l’ex sindaco di Teheran Ghalibaf, entrambi con una lunga esperienza nelle Guardie rivoluzionarie.
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