Dall’Abruzzo alla Romagna continua l’opposizione alla Linea Adriatica, il mega gasdotto Snam che dovrebbe risalire gli Appennini da Sulmona a Minerbio. Tubi di diametro di un metro e venti, saranno posati a cinque metri di profondità, per 430 chilometri, attraversando parchi naturali provocando, secondo le stime, l’abbattimento di oltre due milioni di alberi. Tutto il gasdotto insiste inoltre su aree altamente sismiche e a rischio frane.

A Sulmona dove dovrebbe sorgere la centrale di compressione, i comitati di Cittadini per l’Ambiente hanno organizzato per oggi una singolare protesta: «Mettiamo (simbolicamente) i sigilli al cantiere della centrale Snam. Le denunce e le manifestazioni pubbliche, gli esposti alla magistratura, al ministero dell’Ambiente e al Comune finora non hanno sortito nessun effetto. Nessuno è intervenuto per chiudere il cantiere abusivo, allora lo facciamo noi».

Un grande cartello campeggia: «Cantiere abusivo sequestrato dai cittadini». Mario Pizzola ricorda: «Il 1° marzo 2023 la Snam ha installato il suo cantiere, ma non poteva farlo senza aver adempiuto alle prescrizioni ante operam previste dal Decreto Via. A questo si aggiunge che è scaduta da oltre un anno l’autorizzazione a costruire rilasciata dal governo ma la Snam ha continuato indisturbata i suoi lavori. Anche la Valutazione di Impatto Ambientale è di fatto decaduta. Il Consiglio di Stato ha stabilito che per tutti i progetti, compresi quelli presentati prima del 2008 come nel caso Snam, la Via ha una durata di 5 anni. In questo caso la Via risale addirittura a 13 anni fa, marzo 2011. L’area della centrale è inoltre un corridoio faunistico dell’Orso bruno marsicano e un sito di notevole interesse archeologico, con la presenza di una necropoli e testimonianze storiche risalenti all’epoca precristiana (scoperte con gli scavi preliminari del cantiere)».

La Linea adriatica e la centrale di compressione del gas costano 2 miliardi e 500 milioni di euro «a carico dei bilanci familiari degli italiani e nello stesso tempo inutili perché i consumi di gas sono crollati sia in Italia che in Europa» continuano gli attivisti. Anche il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) si è interessato al caso e ha recentemente inviato un’istanza al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e al ministero della Cultura per sollecitare un provvedimento che dichiari la perdita di efficacia dei decreti che hanno dato giudizio positivo al progetto di gasdotto.

A Cesena, Federico e Marta hanno fatto di tutto, anche scioperi della fame per fermare il gasdotto che distruggerà il boschetto da loro piantumato e il centro rifugio animali. Ora, insieme ad altri cittadini colpiti dagli espropri, stanno preparando un ricorso al Tar. «Il metanodotto passerà per svariate volte anche sotto al fiume Savio e altri fiumi, aumentando il rischio idrogeologico» denunciano gli attivisti.

Anche nella campagna ravennate iniziano a comparire cartelli e picchetti che segnano l’inizio dei lavori preliminari del nuovo gasdotto. Il Coordinamento Ravennate Per il Clima Fuori dal Fossile ha scritto una lettera aperta alle istituzioni: «Dopo l’alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Tutta l’opera oltre a devastare un territorio già fragile, causerà emissioni climalteranti fuggitive, andando ad aggravare il riscaldamento globale. Non vogliamo cambiamenti di percorso, tutta l’opera va fermata».