Cop29, la distrazione climatica di Meloni
Previsioni del tempo A Baku è la giornata dei sovranisti: la premier a tutto gas, mentre Milei dall’Argentina ordina il ritiro dei suoi delegati
Previsioni del tempo A Baku è la giornata dei sovranisti: la premier a tutto gas, mentre Milei dall’Argentina ordina il ritiro dei suoi delegati
Alla Cop29, ieri, è stato il giorno del sovranismo. Da un lato Giorgia Meloni, unica presente tra gli alfieri della destra radicale occidentale, che ha portato al tavolo delle trattative la sua visione della transizione, piena di gas e di soluzioni dalla dubbia efficacia. Dall’altro Javier Milei, il presidente argentino che, da Buenos Aires, ordina a sorpresa ai suoi negoziatori di ritirarsi.
Meloni è atterrata in Azerbaigian in mattinata ed è rimasta il minimo indispensabile per intervenire al summit sul clima delle Nazioni Unite. Il suo discorso è stato un sunto di cosa questo governo pensi della transizione – non molto diverso da ciò che pensano Eni o Confindustria. «Per raggiungere gli obiettivi è necessaria la collaborazione di tutti» ha detto «ma è altrettanto prioritario che il processo di decarbonizzazione prenda in considerazione la sostenibilità dei nostri sistemi produttivi e sociali. La scelta giusta è quella della neutralità tecnologica».
NEUTRALITÀ TECNOLOGICA è la locuzione chiave. In teoria significherebbe dare priorità, a livello legislativo, agli obiettivi di riduzione delle emissioni invece che alla classificazione delle singole tecnologie. Nella pratica, è spesso una formula in codice per l’inclusione del fossile o di altre tecnologie poco ecologiche negli investimenti dedicati alla transizione. Cosa significhi per Meloni lo ha spiegato lei stessa: «Dobbiamo usare tutte le tecnologie disponibili: non solo rinnovabili, ma anche gas, biocombustibili, idrogeno, cattura della CO2 e, in futuro, la fusione nucleare».
In realtà cosa sia necessario per la decarbonizzazione dell’Italia e del Pianeta la letteratura non manca: sia le Nazioni Unite sia l’Agenzia Internazionale dell’Energia aggiornano periodicamente i loro corposi report su come ripulire la produzione globale di energia.
In tutti i casi, la parte del leone la fanno le rinnovabili: sole, vento, idroelettrico e geotermico dove disponibili.
ALCUNE DELLE SOLUZIONI elencate da Meloni sono contemplate anche dalla comunità scientifica, ma in ruoli decisamente ancellari. Idrogeno, biocombustibili e sistemi di cattura della CO2, ad esempio, sono tecnologie ancora acerbe, ma in un futuro prossimo potrebbero essere utili nei cosiddetti hard to abate, settori difficili da decarbonizzare dove l’elettricità sembra non essere un’opzione. Altri, come la fusione nucleare, sono ancora più lontani.
«L’Italia è all’avanguardia nella fusione nucleare. Nell’ambito del G7 abbiamo promosso il primo incontro del World Fusion Energy Group» ha detto la premier. Eni, in effetti, partecipa a un progetto del Mit di Boston che punta a sviluppare un progetto spendibile sul mercato. Ma le prospettive sono di lungo periodo: la fusione nucleare arriverà, se arriverà, tra decenni – dicono gli esperti.
Alla fine, molte delle soluzioni elencate da Meloni sono poco più che distrazioni. Il vero protagonista della strategia italiana è il gas. Già con il governo Draghi si era assistito a una nuova ondata di accordi esteri sul fossile, e Meloni ha fatto sua questa prospettiva con il Piano Mattei. Un programma molto aziendale e poco ecologico, che difficilmente può allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
DA BUENOS AIRES, intanto, Javier Milei supera a destra Meloni. Lui a Cop29 non si è proprio presentato e ieri, a sorpresa, ha ordinato ai suoi delegati di fare i bagagli e tornare a casa. L’Argentina abbandona le trattative – non si sa se provvisoriamente o per sempre. «È vero, abbiamo ricevuto queste istruzioni, ma non possiamo dire altro» è lo stringatissimo commento dei diplomatici argentini contattati dal Guardian. Milei in campagna elettorale aveva parlato del riscaldamento globale come di una «bugia socialista», e prometteva di abbandonare l’Accordo di Parigi. Fino a ora non aveva ancora dato seguito alle sue parole – ed è da capire se questa scelta possa potenzialmente comportare la perdita di qualche finanziamento internazionale. Ma con Trump alla Casa Bianca in gennaio tutto diventa possibile.
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