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Gli attentati dei «lupi solitari» sfidano l’intelligence israeliana

Gli attentati dei «lupi solitari» sfidano l’intelligence israeliana

Israele Anche Fathi Hazem, che giovedì sera ha ucciso tre israeliani in un pub nel centro di Tel Aviv, non sembra aver agito per ordine di una organizzazione precisa

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 aprile 2022

È salito a tre il numero delle vittime dell’attentato in via Dizengoff, nel centro di Tel Aviv, dove un palestinese 29enne, Fathi Hazem, di Jenin, nella Cisgiordania occupata, giovedì sera ha aperto il fuoco con una pistola contro i clienti del pub Ilka.  Ieri all’ospedale Ichilov è morto Barak Lufan, 35 anni, il più grave dei 12 feriti. Gli altri uccisi sono Tomer Morad ed Eytam Magini, entrambi di 27 anni. Sono 14 gli israeliani uccisi in quattro attacchi armati compiuti da palestinesi in meno di tre settimane a Beersheva, Hedera, Bnei Brak e Tel Aviv. Uccisi anche i cinque attentatori. Tuttavia, Fathi Hazem, a differenza degli altri quattro, per diverse ore è riuscito a far perdere le sue tracce. Quindi è stato individuato nei pressi della moschea grande di Giaffa dove, stando alla versione ufficiale, è stato ucciso dopo uno scambio di colpi con la polizia israeliana.

Hazem è arrivato sul luogo dell’attacco dopo aver trascorso mezza giornata nella moschea di Giaffa dove è tornato e si è nascosto fino a quando non è stato scoperto. Conosciuto dall’intelligence israeliana solo come un hacker, viveva nel campo profughi di Jenin.  Avrebbe raggiunto Giaffa passando per un varco nel Muro, la barriera costruita da Israele in Cisgiordania, durante le ore diurne di giovedì prima di dirigersi sul luogo dell’attacco che probabilmente conosceva perché in precedenza aveva lavorato in Israele senza permesso. Secondo l’intelligence israeliana avrebbe ricevuto aiuto da un parente. Con ogni probabilità esercito e servizi di sicurezza israeliani torneranno a colpire nel campo profughi di Jenin e nell’area circostante, una storica roccaforte della militanza armata e spina nel fianco dell’occupazione militare. Proprio a Jenin la scorsa settimana, dopo l’attentato a Bnei Brak, tre palestinesi sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con una unità speciale della polizia.

La mancanza di informazioni di intelligence lascia credere che anche l’attacco a Tel Aviv sia stato compiuto da un cosiddetto «lupo solitario». I giornali israeliani sottolineano che finora non è emerso nulla che indichi che gli attentatori abbiano agito per ordine di una organizzazione precisa, nonostante le prime due azioni armate – realizzate da tre arabo israeliani – siano state rivendicate dall’Isis e da Gaza sia giunto l’«apprezzamento» dei movimenti islamici Hamas e Jihad per l’«audacia» dei cinque autori delle sparatorie. La rivendicazione fatta ieri dal Jihad forse nasconde il tentativo di conquistare consensi. Gli stessi investigatori israeliani non credono che Hazem fosse un religioso, almeno non lo era al punto di far parte di Jihad e Hamas. Figlio di un poliziotto in pensione dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), piuttosto era conosciuto per le sue simpatie per l’ala militare di Fatah, le Brigate dei Martiri di Al Aqsa. Sebbene questo gruppo, molto noto durante la Seconda Intifada, sia stato sciolto dal presidente dell’Anp Abu Mazen, in effetti è ancora attivo, in particolare a Jenin. Da parte loro gli analisti palestinesi accreditano la tesi di attacchi compiuti da «lupi solitari», a causa, spiegano, del perdurare dell’occupazione militare israeliana di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est – che il prossimo giugno supera i 55 anni – che non lascia intravedere alcuna prospettiva di soluzione e di cambiamento per oltre cinque milioni di palestinesi.

Il premier israeliano Naftali Bennett, alle prese con la crisi del suo governo, promette all’opinione pubblica che i complici dell’attentatore di Tel Aviv «pagheranno un prezzo pesante. Ogni killer deve sapere che lo troveremo». È possibile che il governo israeliano revochi migliaia di permessi di lavoro concessi di recente in numero crescente agli abitanti di Gaza. Il capo di stato maggiore Aviv Kohavi ha incaricato l’esercito di aumentare la sorveglianza lungo il Muro ed è pronto a richiamare in servizio migliaia di riservisti.

 

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