Nella San Paolo del mondiale puoi incontrare tante facce diverse, diversi modi di vivere l’evento dell’anno. Rispetto all’esordio della selecão, giovedì contro la Croazia, il Brasile paulista si dimostra il luogo della complessità più che, come lo vorrebbe lo stereotipo, il luogo «delle contraddizioni».

Chi vuole evitare il traffico sfiancante della capitale paulista prende la Linha Vermelha della metro, pre-esistente al mondiale. Capolinea Itaquera/Arena Corinthians. Il treno supera senza fermarsi la fermata Carrão, dove si svolge la manifestazione degli anticoppa in cui la giornalista della Cnn rimane ferita. Il treno è superefficiente e passa abbastanza di frequente perché non si riempia mai del tutto. Anche dopo la fine della partita, col deflusso di 60 mila persone, è possibile trovare tanti posti liberi dove sedere.

I posti vuoti sono l’immagine che rimane impressa dell’Arena Corinthians, la Stampante – come viene chiamato il nuovo stadio costato quasi 400 milioni di euro e ancora incompleto – a poco più di un’ora dal fischio d’inizio. Come in una partita del calcio spagnolo, il pubblico arriva tutto alla fine, prima attratto e trattenuto dai negozi e dai ristoranti del nuovo e moderno impianto e poi confuso dalla sua segnaletica interna complicata. Così che durante la cerimonia inaugurale, che inizia puntualmente alle 15.15, lo stadio è ancora mezzo vuoto.

L’unica faccia da povera

Manca il tradizionale discorso inaugurale del presidente. Dilma ha rinunciato, ma non riesce a sfuggire ai fischi e agli insulti di una parte dello stadio. I fischi si fanno intensi dopo il 2-1 di Neymar, ottenuto col rigore regalato dall’arbitro giapponese Nishimura. Il rigore della Fifa, così lo chiamano i giornalisti brasiliani, fa esultare la presidente che viene inquadrata dai maxischermi. Sugli spalti la gente esulta, poi fischia. Il gruppo di attivisti anticoppa «Badernistas» aggiungerà il pubblico dell’Itaquerao alla sua lista di «Contraditorios Brasileiros»: quelli che prima partecipano alla “festicciola” organizzata dal governo e poi lo insultano. Nel difendere la sua protetta («quegli insulti la più grande vergogna mai vissuta dal paese») Lula ironizza sulla composizione sociale dei tifosi presenti allo stadio: «Dilma era l’unica con la faccia da povera, lì dentro».

Per ogni partita del Brasile, il governo federale ha stabilito una giornata di festa nazionale. Una folla oceanica è radunata nel centro di San Paolo, di fronte al maxischermo montato per l’occasione.Vestita delle maglie oro del Brasile, rappresenta la diversità etnica e le diseguaglianze sociali del Brasile meglio dell’Arena Corinthians e della manifestazione anti-coppa di Carrão. Comunque la stragrande maggioranza dei brasiliani guarda la partita in casa, con la famiglia, per limitare le spese.

Nella Favela do Moinho

Nel centro di São Paulo c’è anche la Favela do Moinho. Diversamente da Rio, nella capitale paulista le comunidades si trovano tutte in periferia. Moinho è l’eccezione. Delimitata da due binari di una linea ferroviaria urbana, la favela resiste da 25 anni ai tentativi di sradicamento promossi dal governo dello Stato (da 25 anni quasi ininterrottamente in mano al Psdb, il centrodestra brasiliano). Prima che due grandi incendi nel 2010 e 2011 distruggessero gran parte delle baracche, ci abitavano 1.200 famiglie. Ora sono solo 450. Poco prima delle 17, orario d’inizio della partita, alcuni moradores piazzano le loro televisioni sulla stradina sterrata che conduce alla piazza centrale della favela. L’aspetto di quest’ultima, con un grande terreno vuoto al centro e tutt’intorno le baracche, ricorda i five points di Manhattan in Gangs of New York.

Di fronte a una delle televisioni assistono alla partita i ragazzi del «Comite Popular», invitati dalla comunità. Sono attivisti anticoppa, e tifano tutti per la Croazia tranne una ragazza, che esulta solitaria ai gol della rimonta brasiliana. I bambini giocano a pallone nella piazzetta e solo di quando in quando vanno a vedere in televisione come sta andando la partita. A metà del secondo tempo il Brasile è in vantaggio. I moradores esultano, i loro bambini accorrono in tempo per vedere l’idolo Neymar esultare. Urlano «Brasil!» e tornano a giocare.
A pochi chilometri di distanza, nei dintorni dell’Arena Corinthians, l’occupazione abitativa «Copa do Povo» (coppa del popolo) promossa dal Movimento Trabalhadores Sem Teto (Mtst) ospita un torneo di calcio riservato alle categorie di lavoratori in lotta per un aumento salariale. L’Mtst ha strappato per Copa do Povo promesse generosissime al governo federale, che voleva evitare manifestazioni scomode nel giorno dell’inaugurazione. Il movimento ha deciso di non unirsi agli anticoppa di Carrão ma non fa sconti sul mondiale: gli occupanti che vogliono vedere la partita non possono usare la televisione del movimento, che rimane accesa su un altro canale. Chi c’è deve accontentarsi di vederla sul cellulare di qualcuno. Gli altri vanno a vedersela altrove.
Alcuni nelle vecchie case, dove sono rimasti i familiari con cui era troppo faticoso continuare a coabitare tutti i giorni. Altri nei bar vicini: la casa l’hanno lasciata definitivamente per gli affitti troppo alti, aumentati anche del 100% con la riqualificazione di Itaquera dovuta alla costruzione dell’Arena Corinthians. Se il Pt rispetterà le promesse, avranno la loro casa popolare nel giro di pochi mesi.

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Un ragazzo di nome Rafael, che si dice amico dell’esterno destro del Siena Angelo, è scettico. Sostiene che dietro l’occupazione, e quindi dietro l’Mtst, ci sono dei partiti d’opposizione al Pt, ma non sa dire quali. Teme che alla fine della coppa, o a elezioni fatte, comunque nel disinteresse dei media, l’occupazione verrà sgomberata. Rafael e i suoi amici tifano Brasile ma molto più i club paulisti São Paulo, Corinthians e Palmeiras.

Fronte di lotta e di governo

Sul portone del palazzo occupato di Rua Josè Bonifacio 367 c’è uno striscione dov’è scritto: «Appoggiamo la coppa del mondo 2014». Il Frente de Luta por Moradia (Flm), che patrocina l’occupazione, è vicino al Pt. All’Flm sono piuttosto nervosi, probabilmente perché infastiditi dai successi politici e mediatici dell’Mtst, che con metodi più spicci e contestatari, e in pochissimo tempo, si è preso tutta l’attenzione dei media e del governo. Una coordinatrice è quasi furente nel dire che nonostante tutto non smetterà di «tifare per il Paese».
Un altro responsabile, che di lavoro fa il camelo, cioè il venditore ambulante, confessa che delle partite gliene «frega poco» ma è convinto che la coppa darà buoni frutti nel lungo periodo. E in ogni caso, anche non fosse, «chi è che ha portato qui la connessione internet? Il Pt. Chi ha portato il cibo? Il Pt».

Molti dei ragazzi dei collettivi di sinistra della Usp, la più grande università pubblica brasiliana, tifano per una vittoria del Brasile – seppure con moderazione – perché una sconfitta elettorale di Dilma in ottobre significherebbe tempi grami per i movimenti. Alcuni voteranno partiti alternativi al Pt – Psol o il partito Socialista di Marina Silva – al primo turno. Poi, al ballottaggio, Dilma. La cui sopravvivenza politica sembra sempre più aggrappata – a sentire le voci di São Paulo – ai rigori della Fifa e ai gol di Neymar. Di ritorno a Brasilia – fedele alla sua nuova linea «dell’orgoglio» – la presidente ricorda di aver subito «aggressioni insopportabili» ai tempi della dittatura e promette che non si farà intimidire «da qualche fischio».

con la collaborazione di Lucas Roxo