Internazionale

Giulio Regeni: Milano e Roma chiedono al governo di agire

Giulio Regeni: Milano e Roma chiedono al governo di agireRoma, sit-in all’ambasciata egiziana – Mauro Scrobogna/LaPresse

Italia/Egitto La famiglia del giovane ricercatore italiano ucciso sette anni fa affida a una lettera-appello all'esecutivo. Intanto Il Cairo, partner mai in discussione, assume con la Ue la presidenza del Global Counterterrorism Forum

Pubblicato più di un anno faEdizione del 29 aprile 2023

Giovedì, come previsto, l’Egitto ha assunto la co-presidenza del Global Counterterrorism Forum. Dopo il Marocco, sarà Il Cairo ad affiancare l’altra co-presidente, l’Unione europea. Una sorta di grande piattaforma fondata nel 2011 da trenta paesi di tutti i continenti per scambiarsi pratiche e politiche di anti-terrorismo.

Il prossimo mercoledì, in un’apposita conferenza stampa, Ue ed Egitto inaugureranno il tandem. Sarà presente il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, lo stesso che nel febbraio 2016 aprì la lunga e dolorosa serie di insabbiamenti intorno al brutale omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni.

Che l’Egitto resti solido partner dell’Europa non è mai stato in dubbio, ci ha provato – senza successo – il Parlamento europeo, inascoltato da istituzioni di Bruxelles e paesi membri. E la questione del terrorismo globale è la più citata quando si giustifica il mantenimento di rapporti con il Cairo di al-Sisi – il cui regime a luglio compie 10 anni – per la sua funzione di stabilizzatore regionale (“stabilità” che spiega la sesta posizione dell’Egitto nella classifica dei paesi che nel quinquennio 2018-2022 hanno acquistato più armi al mondo, secondo il Sipri).

Ieri a ricordare quegli insabbiamenti, nella chiara intenzione di superarli una volta per tutte e dare un nome alle cose, sono stati due sit-in. Uno a Roma e uno a Milano, il primo di fronte alla sede dell’ambasciata egiziana, il secondo al consolato del Cairo.

Al centro gli indirizzi dei quattro principali indiziati del rapimento, le torture e l’omicidio di Regeni, tutti membri della National Security egiziana (il generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal e il maggiore Magdi Sharif). Rinviati a giudizio in Italia, ma il processo è fermo: la Procura di Roma non ha gli indirizzi dei quattro agenti, dove poter comunicare l’iscrizione nel registro degli indagati e l’apertura del procedimento nei loro confronti. Prossima udienza prevista il 31 maggio quando il gup dovrà decidere se procedere in contumacia o se rinviare la questione alla Corte costituzionale.

A organizzare i due sit-in, tra gli altri, Articolo 21, Festival dei Diritti umani e Ordine dei giornalisti di Lazio e Lombardia. A Roma era presente la famiglia di Giulio che, di fronte alle mura che la separavano dalle rappresentanze del governo egiziano e con alle spalle i nomi degli agenti su quattro sedie vuote, ha affidato a Beppe Giulietti la sua lettera-appello: «È tempo che l’Egitto dopo innumerevoli vane promesse collabori con il nostro governo ed è tempo che il nostro governo pretenda senza se e senza ma che i quattro imputati per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio compaiano alla prossima udienza il 31 maggio».

«È importante scandire i loro nomi – prosegue la lettera – perché la notizia del processo a loro carico li raggiunga ovunque si trovino e non possano più far finta di non sapere».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento