Ci sono un eritreo e un fiammingo sui muri dell’Appennino marchigiano, che, non fosse per il caldo cane che ci fa, sembra tanto uno scenario da classica del nord. Si giocano, i due, una sorta di spareggio. Aveva vinto Girmay la Gand- Wevelgem, gli aveva risposto Van der Poel al Giro delle Fiandre, ed aveva poi bissato nel primo testa a testa diretto con l’arrivo della prima tappa a Visegrad. Ma questa volta, ed è la prima in un grande Giro, il trionfo è dell’eritreo.

Da Pescara a Jesi, la tappa fa il verso della costa Adriatica fino all’altezza di Civitanova. Da lì si devia verso l’interno a cercare le colline dell’interno. Un po’ per castigare ancor di più i garretti dei ciclisti, un po’ per passare a salutare Scarponi a casa sua, a Filottrano. Innamorato come pochi del suo lavoro, come in troppi una mattina è partito da casa per andare a farlo, il suo lavoro, quello del corridore, e non è più tornato. Fatale l’urto di un furgone. La faccia da caratterista di spaghetti western, di quelle che tanto piacevano a Corbucci, Scarponi rideva sempre quand’era in bicicletta. Rideva tanto il giorno in cui, in fuga sulle Alpi, con già in bocca il boccone più pregiato, fu richiamato indietro in fretta e furia, ché per Nibali, che gli era capitano, si era riaperta la corsa all’improvviso. La vicenda finì con Nibali in rosa e Scarponi, dopo aver lavorato come un mulo, al traguardo solo, dopo tutti, stremato e fischiettando.
VdP si è accorto nel frattempo che per lui nelle fughe da ridere c’è poco. E allora non lascia scappare che tre desperados, Naesen, De Marchi e Bais, li fa tenere nel mirino dai suoi e aspetta di giocarsi la vittoria coi migliori.

Così ai meno venti dal traguardo il gruppo è compatto, e ai meno nove, sull’ultimo cocuzzolo, è Covi con uno scatto secco a selezionare il gruppetto di coloro che si giocheranno l’alloro di giornata.
Nella discesa successiva mettono il naso in fuga – ma solo quello – due dei delusi fino a qui, Nibali e Yates, ma troppo forte è l’inerzia dei campioni che li seguono. Sul rettilineo d’arrivo il primo a partire è Girmay, lo insegue VdP, e il resto della comitiva si fa quasi da parte, come se più della vittoria fosse gustoso godersi il duello. Mancheranno una ventina di metri quando il fiammingo affianca l’etiope, becchettando con la testa che pare un picchio, ma le ruote che si appaiono sono il prologo non del trionfo, ma della sconfitta: Girmay resiste, VdP gli si discosta e alza il pollice al suo indirizzo, Girmay trionfa sul traguardo a braccia alzate, VdP lo abbraccia subito dopo la linea del traguardo. Gesto umano e gesto sportivo si confondono così, come epilogo della tappa più bella fino ad ora.