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Giappone, gli stranieri come risorsa per contrastare il calo demografico

Giappone, gli stranieri come risorsa per contrastare il calo demograficoMercato del pesce di Tokyo

Immigrazione Tra le soluzioni immaginate per far fronte alla carenza di manodopera spuntano anche le facilitazioni per gli stranieri qualificati. Tra i settori economici interessati agricoltura, pesca e costruzioni

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 12 ottobre 2018

Entro la fine del prossimo decennio il Giappone avrà perso circa 10 milioni di abitanti rispetto ad oggi. Nello stesso arco di tempo il governo giapponese prevede di aumentare la crescita dei consumi e dell’economia tramite stimoli fiscali, trattati commerciali e riforme interne, nonché di ospitare le Olimpiadi di Tokyo 2020. A questo si aggiunge la riduzione della forza lavoro che solo negli ultimi 5 anni è calata di oltre 4 milioni di unità a causa dell’invecchiamento della popolazione. Potrebbe essere una ricetta perfetta per una buona dose di straordinari a cui molti impiegati giapponesi sono già abituati.

IL GOVERNO però, sta anche cercando di convincere i datori di lavoro a ridurre gli orari, proprio per stimolare i consumi nel tempo libero. Per trovare una soluzione il governo ha iniziato negli ultimi anni ad allargare la platea di occupati, sia verso i pensionati – un esempio ben visibile per chi si muove in macchina sono gli immancabili canuti parcheggiatori degli esercizi commerciali – che verso le donne, tradizionalmente ai margini della forza lavoro giapponese. Negli ultimi mesi l’amministrazione ha iniziato a guardare ai gaijin, gli stranieri.

L’ESECUTIVO ha fatto circolare fra la stampa una bozza di proposta di legge che introdurrà un nuovo permesso di soggiorno per manodopera qualificata. Questa misura dovrebbe entrare in vigore, dopo l’approvazione parlamentare, ad aprile dell’anno prossimo e si aggiunge a quelle già varate in estate per aumentare il numero di visti a tempo determinato (fino a 5 anni e senza ricongiungimenti familiari), per l’istituzione di un’agenzia per l’immigrazione (ora c’è solo un ufficio del ministero della Giustizia con alcuni uffici locali), e alla precedente apertura ai lavoratori altamente qualificati (ricercatori, dirigenti e professionisti).

IL NUOVO PERMESSO sarà rilasciato dopo un primo temporaneo e al passaggio di un esame di lingua e di uno tecnico-professionale. La grande novità è che con questo permesso saranno consentiti i ricongiungimenti (ad oggi solo i professionisti possono portare mogli e figli, e i genitori solo se necessario per la cura dei nipoti). I settori aperti saranno agricoltura, pesca, costruzioni, manifatturiero, ristorazione e alberghiero e assistenza sociale.

PER ORA I NUMERI SONO PICCOLI e i provvedimenti potrebbero non dare gli effetti sperati (un precedente allargamento dei requisiti nel 2013 ha aumentato i visti per professionisti da poche centinaia a un migliaio e mezzo all’anno). Inoltre, il percorso verso la cittadinanza è arduo. Si apre così la questione del posto degli stranieri nella società giapponese nel lungo periodo, un tema non ancora molto dibattuto dalla pubblica opinione.

IL PAESE ha dato in passato risposte diverse. Si è andati dalla chiusura assoluta nell’epoca degli Shogun – salvi i mercanti olandesi a Nagasaki – alla graduale apertura verso l’inizio dell’era Meiji 150 anni fa, fino al sogno di un impero multiculturale (che giustificava la guerra in Asia – per gli intellettuali nipponici condotta in chiave anticolonialistica), salvo poi ripiegare sulla più rassicurante società omogenea del dopoguerra. Il dissidio mai risolto sembra destinato a tornare.

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