Italia

Gianfranco Bettin: «I migranti organizzati sono un salto di qualità»

Gianfranco Bettin: «I migranti organizzati sono un salto di qualità»Migranti in marcia verso Venezia – Ansa

Venezia Il presidente della municipalità di Marghera sulla marcia della dignità di domani

Pubblicato quasi 7 anni faEdizione del 22 novembre 2017

Dopo la “piccola Selma” nel cuore del Veneto, marcia anche la volontà di «cambiare l’ordine delle cose». L’accoglienza dei migranti come priorità: domani nell’ex base militare di Conetta torna in visita una delegazione parlamentare (Giulio Marcon di Si con Michele Mognato e Davide Zoggia di Mdp) e il 3 dicembre al centro Frentani di Roma è convocato il Forum nazionale promosso da Amnesty, Banca Etica, Msf, Jole Film e ZaLab.

bettin 36
Gianfranco Bettin

«La marcia della dignità da Cona fino a Codevigo, Mira, Piove di Sacco ha attraversato le nostre strade, i nostri paesi e il nostro sguardo. Il ritorno sulla scena dei migranti era, e resta, impossibile da rimuovere», chiosa Gianfranco Bettin, presidente della municipalità di Marghera che ha promosso con tanti altri l’appello della “società civile veneziana” nel ricordo di Sandrine Bakayoko e di Salif Traorè. E aggiunge: «La marcia dei migranti rappresenta un salto di qualità. È la presa diretta d’iniziativa da parte degli ospiti dell’hub che mette, finalmente, in campo un attivizzarsi strategico. Penso sia anche un salto di qualità nella ricezione, perché la marcia ha toccato molti che prima non avevano reagito al problema. Certo, c’è pure avversione e ostilità, che non vanno nascoste. Tuttavia, la marcia ha spinto istituzioni e opinione pubblica a misurarsi con quell’esodo. Con rare eccezioni momentanee, il fatto che i migranti fossero ammassati a Cona o nella vicina Bagnoli di Sopra era stato accantonato, rimosso. Invece, sono usciti dall’angolo e hanno piazzato la loro vicenda al centro dell’attenzione».

Una “piccola Selma” nel Veneto dei campanili e delle piccole patrie: perché? E le reazioni neo-fasciste cosa ci dicono?

Avevo fatto subito riferimento alla «strada della libertà» negli Usa, perché come nel 1965 anche ora a Nord Est si pone con forza la questione dei diritti. I migranti di Cona, e non solo, vogliono sapere se sono o meno rifugiati. E soprattutto hanno ricordato a tutti che non possono venir lasciati in un limbo che facilmente si trasforma in un piccolo inferno. D’altro canto, lo striscione di Forza Nuova contro il patriarca Francesco Moraglia è un’odiosa reazione. Del resto, nel Veneziano c’è un recente proliferare di pericolose iniziative che hanno per bersaglio chi si occupa di migranti o sociale. L’altro giorno le svastiche nella sede della coop sociale Gea e prima sui minibus del trasporto disabili. Un problema che va colto, registrato e affrontato fino in fondo.

Tornando all’accoglienza, è davvero scattato un cambio di prospettiva?

Non ci si può illudere di aver risolto tutto, trasferendo 250 migranti. A Cona ne restano altri 800, più quelli a Bagnoli o nell’ex caserma di Treviso. Il punto vero è chiudere la stagione dei grandi ammassamenti, della strategia “emergenziale” che non porta a niente, crea un impatto difficile e sofferenze a chi viene accolto. Serve un piano del governo e della Regione che consenta davvero un’accoglienza diffusa nel territorio, degna di questo nome, rispettosa dei diritti: per altro, si traduce in integrazione trasparente e sotto controllo. Altrimenti, si resta prigionieri di una logica timida, miope, tentennante che affida al “mercato” perfino i percorsi di integrazione (casa, lavoro, scuola dei figli) degli immigrati regolari.

In Veneto, poi, si scontano l’inerzia e l’ostilità delle amministrazioni locali…

Alla politica dell’emergenza dei vari governi fa da aggravante la chiusura dei Comuni, con in prima linea Lega e destra. Mero opportunismo, sulla base di egoismi e convenienze, che rifugge da qualsiasi responsabilità in una materia così impopolare. E a volte contagia municipi di centrosinistra. Ma se l’accoglienza diffusa diventa impossibile, scattano i maxi-centri come Cona. Dobbiamo invece uscire dalla morsa fra politiche nazionali (insufficienti e ossessionate solo dalla riduzione del numero o dall’occultamento delle presenze) e falso “autonomismo” amministrativo, che impedisce il vero governo del fenomeno.

Intanto, il governatore Luca Zaia tace. Cosa avrebbe dovuto fare?

Se la chiesa non si è tirata indietro, insieme a tanti altri, la Regione avrebbe potuto eccome aprire subito un tavolo di trattativa con il governo. Poche settimane per organizzare la redistribuzione delle migliaia di migranti. E poi mettere in campo un’effettiva gestione dell’accoglienza e dell’integrazione. Invece Zaia continua a citare la Caritas per dimostrare che il Veneto non ha nulla da rimproverarsi. Equivoco alimentato senza verifiche. Perché il rapporto Caritas parla di integrazione sulla base della convenienza, cioè di integrazione della mano d’opera migrante e del business negli affitti. Dunque, “accoglienza” su basi socio-economiche e non grazie alla propagandata “buona politica” di Zaia. Del resto, l’immigrazione non fa certo parte delle 23 materie del contendere fra la Regione e il governo di Roma…

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento